Economia della Conoscenza

Hexis, crossnovel che guarda al futuro

Scritto il

di Beppe Ceccato

Enzo Papetti
Enzo Papetti

Enzo Papetti, 80 anni, milanese, ex professore de La Sapienza di Roma, dove insegnava una materia piuttosto complessa visto anche la lunghezza del nome del corso che lui riassume, «per farla semplice», in Estetiche multimediali, è l’autore di una trilogia alquanto “sovversiva”.

L’ultimo suo libro, Hexis – 855 pagine pubblicato per la romana elemento 115, 22 euro – è uscito in questi giorni, sèguito di L’oggetto piccolo b e Perché ci hai messo tanto? Destabilizzante, si diceva, nel senso che scombina i canoni di una classica lettura.

Più che un romanzo è una crossnovel dotata di più piani di “lettura”, dove sono coinvolti più sensi. Un percorso rigoroso che comprende musica, cinema, letteratura, disegno, imperniato sulla storia di Barthy, un trentenne alla ricerca di sé. Un romanzo fruibile su più piani, grazie all’uso di diversi strumenti, cofirmato dal jazzista Paolo Fresu, dal regista Roberto Minini Merot, dall’attore Elia Schilton e dai disegni di Mirella Beraha, per inciso, sua consorte.

Enzo, un romanzo alquanto insolito, che richiede una certa attenzione. Non è un libro per distratti. Come e perché lo hai concepito in questo modo?

Le tecniche multimediali sono state parte del mio insegnamento. È stato naturale approfondire questi temi una volta in pensione. Anni fa avevo scritto un saggio – Ripensare la televisione – dove facevo una riflessione su come la tv metta insieme tanti linguaggi diversi, musica, immagini, testi, grafica.

Se lo fa la televisione perché non può farlo un libro? La narrativa può uscire dai binari tradizionali, ha tutte le condizioni per poterlo fare…

Come hai coinvolto i tuoi “coautori”?

Paolo Fresu è un amico. Gli ho chiesto se fosse interessato a musicare un libro. Mi ha guardato strano, poi, una volta spiegato il progetto, ha aderito con entusiasmo. E ha fatto un ottimo lavoro, scegliendo nella sua vasta produzione un linguaggio musicale coerente con la trama del romanzo, la storia di un personaggio che cerca di capire chi è e come può cambiare.

Il film l’ho scritto io e condiviso con Roberto Minini Merot, bravo regista di documentari. Che ha usato lo stesso approccio “naturalistico” per raccontare Barthy. Le immagini, invece, sono opera di Mirella Beraha, artista che è anche mia moglie. Ho lasciato tutti molto liberi. L’unica mia indicazione era leggere il romanzo.

Se tu vedi all’inizio del libro le presentazioni dei personaggi, al posto dei volti ci sono dei punti di domanda. Nessuno li conosce, hanno preso forma durante il racconto e sono il risultato dell’immaginazione della pittrice.

Come definiresti Hexis?

Un libro colto ma che ti fa divertire. Devi saper portare a spasso il lettore per farti seguire. Cosa altro dire? Non ho messaggi da dare, mi piace lasciare libero il lettore di fare quel che vuole con questo testo!

Comunque prevale la parte letteraria.

Sì, è dominante! Però i vari linguaggi si sono ben integrati e questa integrazione è l’aspetto più rilevante.

Mi puoi parlare della trilogia?

Hexis è stato il primo romanzo che ho scritto. L’idea di una trilogia è venuta dopo parlando con l’editore. Abbiamo deciso di andare per gradi d’integrazione tra linguaggi. Tutti e tre i libri hanno in comune la sperimentazione. Hexis è la summa, dove l’integrazione è compiuta.

Ti sei premurato di mettere molte note, un centinaio di pagine, che non sono sterili rimandi…

Un “anonimo” si ritiene in dovere di non essere d’accordo con lo scrittore e appunta delle note che allargano o divaricano storie su orizzonti sorprendenti. Hanno la funzione di suggerire vie di fuga (letterarie) che magari non ti aspetti.

In questa fusion di linguaggi web e social hanno cambiato tutto.

Infatti, il racconto cerca di andare oltre: Barthy, il protagonista, accetta la sfida di tre videoartisti disponibili a mettere i suoi ricordi in uno spazio, un’opportunità da cogliere al balzo. Buona? Cattiva? Il libro lascia – giustamente a mio modo di vedere – sospesa la risposta.

Fammi capire: uno spazio che può essere identificato con il Metaverso?

Sì. Il Metaverso è simulazione. Uno spazio virtuale all’interno del quale misurare opportunità e possibilità. Non è forse questa la funzione primaria di ogni tipo rappresentazione, sia letteraria, musicale, cinematografica?

Cosa pensi del Metaverso?

È un nuovo spazio. Dipende da come lo usi. Per ora è solo un insieme di algoritmi, niente di più. Lo vedo come un palcoscenico dove puoi rappresentare una grande opera o un grande fallimento.