Economia della Conoscenza

Il viaggio in ristorante, dallo chef all’antropologo

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di Beppe Ceccato 

Il 16 febbraio è il World Anthropology Day, nato per iniziativa dell’American Anthropological Association con lo scopo di celebrare lo studio scientifico dell’umanità e condividerlo con chi antropologo non è. Da cinque anni il giorno dell’antropologia si festeggia anche a Milano per iniziativa dell’università della Bicocca. È il World Anthropology Day. Antropologia pubblica a Milano, una tre giorni (dal 16 al 18 febbraio) di incontri, passeggiate, esperienze sensoriali, oltre 80 eventi distribuiti in tutta la metropoli in partnership con quattro atenei, la Statale di Milano, lo Iulm, la NABA e quest’anno anche l’Università di Torino, seguendo un tema conduttore che la dice lunga: Milano fuori di sé.

RossanaGambardella
Rossana
Gambardella

In quest’ottica va segnalato un evento dove il cibo è l’occasione per raccontare mondi culturali lontani da noi, L’altro a tavola (il 17 alle 19 presso il ristorante indiano-nepalese Namaste) organizzato da due antropologhe, Sabina Spada e Rossana Gambardella. La prima, una laurea in filosofia e una in antropologia, è giornalista, la seconda, laurea in antropologia, educatrice.

«Oggi, in una metropoli iperconnessa e aperta sul resto del mondo, andare all’indiano può ancora rappresentare un momento di incontro con un altrove che a Milano ha trovato casa?», si sono chieste le due esperte, che nel periodo di Covid si sono occupate della ritualità funebre in periodo di pandemia (Sabina) e della didattica a distanza (Rossana). Ovviamente la risposta la si conoscerà vivendo quest’esperienza etnogastronomica, ma vista questa volta, attraverso altri occhi, quelli di un antropologo.

Sabina perché avete scelto il ristorante indiano?

Sabina Spada
Sabina Spada

Tra i primi esempi di attività imprenditoriale da parte di migranti nel capoluogo lombardo, i ristoranti indiani possono facilmente, e certo anche semplicisticamente, riassumere e simboleggiare la presenza dell’altrove a Milano. Andare all’indiano, quasi quanto andare al cinese, ha storicamente rappresentato una delle prime e più immediate possibilità di avvicinamento all’esotico da parte dei milanesi, senza la necessità di allontanarsi dal proprio quartiere. È il significato di questo appuntamento. Proponiamo un altrove nello stesso luogo dove viviamo: il senso è far capire cos’è l’antropologia, scienza che dà strumenti di comprensione del mondo.

Il cibo è il primo naturale approccio allaltro da noi…

Spesso è un vettore molto semplice per avvicinarsi a un’altra cultura. Come prodotto culturale è il sentiero di passaggio che collega società diverse, uno degli strumenti che l’antropologia ci fornisce per avvicinarci all’altro. In questo caso, durante un aperitivo, con assaggi di cucina indiana e in dialogo con i proprietari, proporremo una riflessione che indaga la relazione tra lo spazio del ristorante – spazio fuori da Milano in quanto nicchia fortemente connotata dalla cultura della famiglia indiana che lo gestisce – e la città che lo ospita: la preparazione e il consumo del cibo quali pratiche capaci di costruire e negoziare identità e di mantenere memoria; il potere evocativo e performativo degli oggetti, dalle stoviglie di rame agli arredi del locale, fino alle raffigurazioni sacre e agli oggetti votivi; la continuità – o discontinuità – tra pratiche tradizionali intorno al cibo (dall’uso delle spezie all’addomesticamento dei sapori) e influenze provenienti dalla società che ospitano tali pratiche; le narrazioni attraverso cui i migranti rappresentano se stessi in quanto individui o gruppi sociali, in uno spazio al confine tra privato e pubblico.

Un viaggio… in una stanza!

Il viaggio è uno dei veicoli fondamentali di questa scienza: si incontra l’altro sulla base di un dialogo, di una relazione, di un’alterità. Da Namaste ci faremo raccontare storie e abitudini alimentari, per poi arrivare a riflettere su temi universali. L’antropologia ci insegna ad andare lontano per cercare punti in comune più che porre l’accento sulle diversità. Soprattutto, ci spinge a tornare a casa con nuove lenti e riconsiderare le nostre certezze.