L'editoriale

Clandestino

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di Claudio Brachino

Se passeggiando un pomeriggio a Milano ti prendi una coltellata…non è l’incipit di una sceneggiatura, semmai l’avvio di una serie nera, anzi cupissima, basata unicamente su fatti reali.

È successo davvero pochi giorni fa nella capitale lombarda, i fatti sono noti ma repetita iuvant. Poco prima delle 18 di lunedì scorso un marocchino di 23 anni, ubriaco e con un taglierino, in una sorta di tour della violenza tra la stazione centrale e Viale Brianza, ha rapinato e picchiato in sequenza quattro donne.

Nell’ultimo episodio sono intervenuti il fidanzato della vittima e due passanti, uno di questi, 68 anni, si è preso il fendente più pericoloso. Sei feriti, nessun morto, ma il bilancio più grave è che intere zone della capitale economica d’Italia sono totalmente fuori controllo. I cittadini, dopo le 18, come se scattasse il coprifuoco in una zona di guerra, si rinchiudono in casa. La loro libertà, come ad esempio passeggiare nel proprio quartiere, è stata sospesa.

La nostra democrazia è stata sospesa. Avviene anche nel terrorismo, l’effetto è quello di sospendere il quotidiano medio occidentale, così noi giornalisti lo abbiamo definito dopo gli attentati nella metropolitana di Londra del 2005. Se non vado più a prendere il metrò perché ho paura, cambio le mie abitudini in base agli effetti potenziali del Terrore (di quale matrice esso sia) e concedo al Terroremedesimo la prima vittoria sul sistema che odia, ovvero la nostra governance democratica.

Nella vicenda di Milano dobbiamo sostituire al Terrore l’immigrazione clandestina, e sottolineo clandestina, ovvero quell’insieme di sbandati senza casa, senza lavoro, assoldati dalla criminalità o microcriminali in proprio, fantasmi non integrati nel nostro tessuto sociale, spesso in stato di alterazione per droghe, alcol ma anche problemi mentali, basti ricordare sempre a Milano la tragedia di Kabobo, che armato di piccone uccise tre persone.

Fantasmi dicevamo per le nostre regole sociali, ma padroni di fatto di pezzi di città. Tutta la zona intorno alla stazione centrale, una delle più trafficate e importanti del paese, è off limits. Io viaggio molto e passo spesso lì a tutte le ore, la fermata dei taxi è una sorta di baluardo dove la gente guardinga aspetta in fretta di fuggire dal pericolo. Una sera d’estate per colpa dell’ennesimo sciopero dei taxi sono rincasato a piedi affaticato e rallentato dal mio trolley, per dire che ci ho messo un po’ di più per arrivare oltre corso Buenos Aires dove abito.

Non ho il tempo di andare in palestra ma sono quasi due metri per oltre cento chili, però devo dire che ho avuto veramente paura. Incontri in solitaria con gruppetti di persone di colore, sguardi prolungati, attimi lunghissimi, poi per fortuna niente, ma con la sensazione di essere nella terra di nessuno tranne qualche ristorantino aperto. Se mi avessero aggredito, sarei stato spacciato. Eppure vicino alla stazione ci sono le camionette della polizia, eppure tutti a parole sembrano aver capito il problema, ma blitz, rastrellamenti, ispezioni, rimpatri (pochi) non paiono incidere su una realtà che sembra una metastasi incontrollabile.

Non la voglio mettere come sempre in caciara politica, la destra presunta reazionaria e repressiva e la sinistra radical chic che predica l’accoglienza a tutti i costi nel miraggio del melting pot di una città moderna e aperta.

A proposito di melting pot forse conviene sentire chi storicamente ne sa più di noi, e cioè gli inglesi. Il premier Sunak, che non è nato da aristocratici del Kent ma è un ricco signore di origini indiane, ha detto che gli immigrati che arriveranno in Gran Bretagna in modo clandestino (e sottolineo ancora una volta la parola) saranno rapidamente espulsi e portati in Ruanda, paese del centroafrica.

Non c’è l’aspetto umanitario in questa che è ancora una proposta da portare in Parlamento, ma c’è la politica, quella che gestisce la res publica, e dunque anche la sicurezza dei suoi cittadini, quella che dà le regole in una materia complessa e sfaccettata come l’immigrazione. Passando da Downing Street a Viale Brianza, scopriamo che il marocchino autore delle aggressioni aveva precedenti, era stato già arrestato e rilasciato, e non può essere espulso perché richiedente asilo. Chissà se gli inglesi oltre al rock, alla lingua, al calcio, ci possono dare ancora qualcosa…