L'editoriale

La cecità monetaria

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di Claudio Brachino

La politica europea dell’austerity fa venire in mente una frase celebre del filosofo re degli esistenzialisti, Jean Paul Sartre: la coerenza porta alla morte. Mutatis mutandis, dal pensiero puro all’economia, le conseguenze si sono viste, e la tragedia della Grecia non sarà mai ricordata abbastanza. Poi il Covid e la guerra hanno spinto l’Europa a una visione non egoistica delle ferite comuni.

Ora però quella drammatica coerenza sartriana la ritroviamo nella cocciuta politica monetaria della Bce, rappresentata alla perfezione dalla comunicazione anaffettiva di una Presidente, Christine Lagarde, che non si capisce se è un falco che fa un po’ la colomba, se è per davvero un po’ colomba in balìa dei falchi o se è totalmente d’accordo su rialzi dei tassi in rapida e gelida sequenza.

Comunque sia ci ha messo la faccia, e con lei ce la dobbiamo prendere, con lei che fino al quasi fallimento di Credit Suisse è andata avanti come una ruspa incurante delle critiche non dei populisti nostrani e d’Oltralpe, ma di tecnici autorevoli come Panetta, membro della stessa Bce, e Visco, governatore di Bankitalia. Nessun strepitìo l’ha fermata, neanche la scorsa settimana, nonostante la febbre mondiale delle banche e delle Borse fosse già altissima, nonostante gli analisti indicassero nelle scelte della Fed (rialzo vorticoso dei tassi per combattere l’inflazione) una della cause principali del fallimento della Silicon Valley Bank.

Ora, dopo lo scempio del mezzo punto in più a tutti i costi, un Whatever it takes draghiano all’incontrario, l’algida signora nell’audizione al parlamento europeo sul caos delle banche svizzere, fusioni lampo, azzeramento di miliardi di bond obbligazionari dei risparmiatori, è scesa a più miti consigli.

Il sistema europeo è solido, ha detto, ma la Banca centrale europea è pronta a immettere liquidità. Sembrava il ventriloquo di SuperMario. E sui tassi? Si vedrà, un po’ di cautela. Chissà forse la macchina dei falchi si fermerà da sola, valuterà meglio la situazione generale e quella dei singoli paesi, magari opterà per aumenti dello 0,25 in sequenze più lunghe, ma intanto è necessario che la politica, quella vera, fermi una politica monetaria che nella sua presunta purezza scivola via dalla realtà. Non sarà semplice visto il principio di autonomia della Bce, ma ci sono tutte le vie della moral suasion e delle pressioni indirette. Non solo, non potendo tornare l’inflazione in breve tempo a quel mitologico 2% dei discorsi ufficiali, intanto alcuni paesi, l’Italia è fra questi, potrebbero andare in recessione.

Le conseguenze sono già sotto gli occhi di tutti e non ci vogliono premi Nobel per capirle e sentirle sulla propria pelle. I mutui variabili stanno diventando in-sostenibili per molte famiglie, le case, antico bene rifugio, saranno vendute o pignorate e l’invito della signora di cui sopra alle banche di rivedere i finanziamenti del mattone, non si capisce se sia retorica o invece corrisponda a un cambio di atteggiamento etico verso i cittadini. Poi ci sono le aziende e più sono piccole, come tante Pmi appunto, più stanno andando in difficoltà, con conseguenze sul Pil e sull’occupazione. Hai voglia a fare la riforma del fisco se poi qualcuno ti spinge all’inferno al di là dei tuoi meriti e demeriti.

E poi bisogna ricordare alla Lagarde che il mondo si muove. Dopo la crisi del 2008 Usa e Cina collaborarono, oggi il leader di Pechino è andato da Putin per sancire di fatto un nuovo, possibile ordine mondiale. Certo si è parlato di una (complicatissima) pace in Ucraina, ma quel conflitto, che è bene ricordarlo è alla radice di tutte le nostre pene recenti, sembra ben lontano dal finire. E chissà se la decisione di trasformare il capo del Cremlino in un criminale internazionale non renda il tutto ancora più complicato. È sempre un po’ scabroso dirlo, ma non sempre etica e diplomazia vanno d’accordo.