L'editoriale

La tragedia di Ischia e l’in-evitabile

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Le cose che accadono. E le cose accadono sempre, purtroppo, quando si tratta di tragedie annunciate. Come quella di Casamicciola. È come se un determinismo potente spingesse gli eventi in una direzione nonostante tutto e tutti, e nonostante sia chiaro a tutti che quello che sta per avvenire sarà una catastrofe.

Quasi ci verrebbe da indugiare su alcune inclinazioni inconsce distruttive dell’animo umano più che su alcuni errori politici e amministrativi, ma dobbiamo in fretta lasciare le suggestioni freudiane e letterarie (Le cose che accadono è il titolo dell’epistolario di Virginia Woolf) per tornare all’analisi razionale.

E lo faremo nel rispetto delle vittime di Ischia e dell’immenso dolore dei loro familiari, nel rispetto del trauma di un’intera comunità. Abbiamo ancora nella mente il pianto dei cani che cercano i loro padroni, simbolo dell’amore fedele che si trasforma in mancanza senza poter trovare una spiegazione.

Noi però l’obbligo professionale di una spiegazione ce l’abbiamo, il fatalismo non ci deve portare fuori strada. Nei quasi vent’anni in cui ho condotto e realizzato un Tg nazionale (Studio Aperto) tante, troppe volte ho vissuto la liturgia di quello che è successo in Campania: l’evento annunciato ma imprevisto, il trauma, i soccorsi, la ricerca degli scomparsi, l’album doloroso delle vittime, le polemiche, le inchieste che spesso portano a poco.

Oggi in più, rispetto a quegli anni comunque tumultuosi nella storia dei media, abbiamo più immagini grazie a internet. Video, foto familiari, selfie. Spesso si tratta di bambini, di giovani, di famiglie spezzate. L’angoscia diventa più grande perché sappiamo la fine della storia e a ritroso ricostruiamo gli attimi di serenità immortalati e perduti per sempre. In questo eterno ritorno psicologico e mediatico però si annidano le colpe.

Anche la discussione ideologica di queste ore, con Renzi che punta il dito contro il condono di Conte del 2018, ci porta fuori strada, come pure le mail inascoltate dell’ex sindaco spaventato dall’allerta meteo.

Davvero c’è qualcuno così illuminato da ordinare l’evacuazione di centinaia di famiglie sfidando impopolarità e problemi organizzativi?

Il nodo della questione è infatti in una successione storica diabolica. In primis la costruzione edilizia abusiva, subito dopo le abitazioni irregolari vicine fino a rendere abusivo un intero paese, poi la mancanza di rispetto verso la natura e le sue caratteristiche idrogeologiche, l’assenza di manutenzione ambientale, l’incapacità di spendere i fondi pubblici per mettere in sicurezza i territori, la burocrazia, il rimpallo delle responsabilità fra governo ed enti locali e fra gi stressi enti locali. Infine, la mancanza di coraggio di abbattere ciò che va abbattuto.

In Italia spesso le leggi e le norme ci sono, non ne servono di nuove, basterebbe applicarle e applicare le giuste punizioni a chi non le rispetta. Non è autoritarismo dello Stato ma il senso stesso della convivenza democratica. In Italia spesso i soldi ci sono, solo che nessuno li spende, o perché non sa come fare (ignoranza amministrativa) o perché per paura di sbagliare si tutela dietro l’egoismo della forma (ipertrofia burocratica).

Nessuno ha la visione d’insieme, nessuno ha la visione civica del problema. In questo schema potremmo mettere tanti nomi, tanti governi, tanti amministratori, chi più, chi meno. Poi questo è uno dei campi in cui la giustizia dovrebbe funzionare in modo esemplare e condannare in modo netto chi ha fatto errori di rilievo penale, o non ha agito, in modo tale da mettere a rischio la sicurezza della collettività.

Anche la discussione di queste ore sulle responsabilità dei sindaci ci porta fuori strada. Se un primo cittadino sbaglia rispetto a dei poteri che aveva è giusto metterlo in croce, ma altrettanto giusto è riformare in senso garantista l’ambito di figure troppo esposte e che spesso pur di non finire nei guai semplicemente scelgono l’immobilismo paranoico. In fondo in fondo alla catena diabolica delle tragedie in-evitabili ci siamo poi tutti noi.

Se ogni individuo fa una piccola rivoluzione morale rispettando le regole, tanti individui insieme cambiano il mondo, o almeno impediscono che una frana una mattina inghiotta povere vite innocenti.