Finanza e Risparmio

Fondi pensione negoziali: +10% ma servono incentivi

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di Paolo Cova

Incentivi alle adesioni degli occupati, con particolare attenzione ai giovani; riduzione del prelievo fiscale sui rendimenti dei fondi e semplificazione della tassazione; agevolazioni per gli investimenti dei fondi nel sistema produttivo del Paese attraverso gli strumenti del Progetto Economia Reale avviato in partnership con la Cassa Depositi e Prestiti; estensione della missione previdenziale alla protezione di altri rischi per la vita degli iscritti, con l’obiettivo di realizzare nuove forme di welfare integrato.

Sono le proposte per il prossimo futuro della previdenza integrativa, il cosiddetto “secondo pilastro” (che si affianca al “primo pilastro” rappresentato dalle pensioni pubbliche dell’Inps e delle gestioni principali), delineati da Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione, nell’assemblea tenuta a Roma giovedì 16 febbraio in occasione dei vent’anni dell’associazione, cui aderiscono trentadue fondi pensione negoziali.

I fondi pensione negoziali oggi appresentano oltre 3,6 milioni di lavoratori iscritti e dispongono di un patrimonio di circa 70 miliardi. La pandemia ha portato un rallentamento delle nuove adesioni e dei flussi contributivi nei mesi centrali del 2020 ma poi il sistema ha riguadagnato le tendenze del periodo prima della pandemia. Secondo i dati Covip, alla fine del 2022 le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono risultate 9,2 milioni (+5,4%). La crescita più significativa si è registrata per i fondi negoziali: +10,1%, per un totale di 3,806 milioni.

Il secondo pilastro – ha spiegato Maggi – assumerà un ruolo ancora più significativo per colmare le difficoltà del primo pilastro in regime contributivo e per rispondere ad un crescente, inevitabile bisogno di protezione sociale.

Ma come rendere interessanti per i lavoratori i fondi pensione? Maggi ha delineato alcune proposte, parlando della necessità di una nuova «alfabetizzazione previdenziale e finanziaria dei lavoratori». Innanzitutto serve una «chiara stima dell’assegno pensionistico obbligatorio. Potrebbe altresì essere utile dare avvio a un nuovo semestre di silenzio-assenso che, sull’esempio di quanto avvenuto nel 2007, consentirebbe di favorire le adesioni ai fondi, nel rispetto del principio della volontarietà della scelta».

Poi, continua Maggi:

La necessità di un provvedimento organico e complessivo in tema di previdenza di secondo pilastro, piuttosto che interventi multipli e disorganici.

Oltre a una massiccia campagna informativa per accrescere la consapevolezza sull’importanza di aderire alla previdenza complementare al fine di non lasciare che il TFR cosiddetto “inoptato” delle aziende con organico superiore ai 50 dipendenti confluisca nel Fondo Tesoreria INPS (parliamo di circa  5 miliardi l’anno) ma possa tornare al secondo pilastro piuttosto che essere utilizzato “per spese correnti”.

Importante sarà anche cercare di favorire fiscalmente la previdenza integrativa.

Per le piccole imprese, in particolare:

Servono strumenti idonei a sostenere l’equilibrio finanziario di quelle che conferiscono il TFR dei propri dipendenti alla previdenza complementare, consentendo alle stesse un accesso al credito agevolato per compensare la perdita di liquidità riferita al TFR versato ai fondi pensione.