Finanza e Risparmio

Inflazione: aumenta l’appeal del BTp patriottico

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di Mariarosaria Marchesano

L’emissione netta di nuovo debito da parte dell’Italia è stata finanziata quasi interamente dalla Bce in sei dei sette anni che vanno dal 2015 al 2021. Quindi è giusto dire che la dipendenza dell’Italia dalla Bce è più vicina a essere di tipo permanente piuttosto che una gestione temporanea nel mercato obbligazionario italiano.

È un tweet dello scorso ottobre di Robin Brooks, ex banchiere di Goldman Sachs e responsabile economista dell’International Institute of finance di Washington. Un commento destinato a lasciare il segno nel governo di Giorgia Meloni che si era appena insediato, e che a distanza di qualche mese propone la sua ricetta sovranista: aumentare la quantità di BTp nelle mani degli italiani.

Attualmente, la suddivisione dello stock complessivo di titoli di Stato vede la Banca d’Italia con il 31%, le banche nazionali al 18%, le società finanziarie al 15, altri residenti all’8 e soggetti non residenti al 28 per cento. Ebbene, quello che vorrebbe fare Palazzo Chigi è aumentare la quota di debito italiano nelle mani degli «altri residenti», che rappresenta la categoria identificabile con le famiglie e le imprese non di carattere finanziario (quindi, i privati) dall’attuale 8% a un livello che almeno si avvicini al 15% di dieci anni fa.

Ha senso questa strategia? Marcello Rubiu, amministratore di NoRisk, società di consulenza indipendente, è convinto che abbia senso convincere gli italiani a possedere, meglio se direttamente che attraverso fondi d’investimento, sempre più titoli di Stato in cambio della protezione dal caro vita e dei premi fedeltà.

Penso che il buon momento dell’economia italiana, se rapportata al resto d’Europa, e la dinamica positiva dei nostri titoli possano consentire al Governo di innalzare la quota posseduta dai risparmiatori italiani – dice Rubiu al Settimanale. – Non dimentichiamo, poi, che il flusso cedolare è tornato ad essere appetibile anche sulle emissioni a reddito fisso. E si sa che gli italiani sono voraci di cedole e dividendi.

Inoltre, secondo l’esperto, è una strategia che potrebbe consentire di contenere la volatilità sui nostri titoli di Stato, quindi lo spread e i costi per interessi sui collocamenti sul mercato primario.

La sfida è molto ambiziosa, in quanto la Bce sta riducendo gli acquisti dei nostri bond con la fine del Qe e quindi bisognerà trovare nuovi acquirenti per finanziare la crescita del disavanzo e il manifestarsi dei rimborsi per scadenze.

Insomma, meno BTp ci sono nelle tasche di investitori esteri, pronti a liberarsene al primo scossone politico, più lo spread sarà stabile. Attenzione, però, avverte Rubiu:

I risparmiatori dovrebbero comunque mantenere una certa prudenza nell’affidare tutti i loro patrimoni al nostro Stato sovrano. E quindi prestare attenzione anche ad altri strumenti che sono caratterizzati da una fortissima esposizione al debito italiano (es. polizze ramo 1, gestioni separate). Vale la solita regola di diversificare il proprio patrimonio.

I BTp Italia, comunque, non sono assolutamente una novità: dal 2012 ad oggi sono avvenute 18 emissioni, ma l’inflazione è sempre stata molto bassa per cui la loro appetibilità era relativa. La musica è completamente cambiata dallo scorso anno con la corsa dei prezzi determinata dallo choc energetico generato dalla guerra in Ucraina. A giugno 2022 ci ha pensato il governo Draghi a promuovere un’emissione di BTp Italia mentre l’inflazione nel nostro paese correva verso il traguardo del 10-12% raggiunto alla fine dello scorso anno. Poi a novembre il governo Meloni, appena insediato, ha promosso un’operazione analoga (raccogliendo 12 miliardi contro i 9 miliardi di quella precedente), e adesso ci riprova presentando la nuova offerta di titoli come una sorta di chiamata alle armi dei cittadini. Insomma, un BTp patriottico.

Ma funzionerà con l’inflazione prevista in discesa? Conviene aderire?

L’inflazione – prosegue Rubiu – è attesa in rallentamento nei prossimi anni ma non è detto che la dinamica possa spingersi in territorio negativo per periodi superiori a un paio di mesi. Vi sono motivi validi per pensare che l’andamento dei prezzi dei beni e servizi possa continuare a rimanere oltre il fatidico 2 per cento che rappresenta il target Bce. Secondo me, i BTp Italia continuano ad essere piuttosto interessanti e svolgere un ruolo importante nell’asset allocation. Senza però eccedere. Ovviamente è inutile attendersi le cedole semestrali del 6 per cento come visto nella seconda parte del 2022.

La prima fase della diciannovesima emissione si svolgerà da lunedì 6 a mercoledì 8 marzo, salvo chiusura anticipata, e sarà riservata esclusivamente ai risparmiatori individuali e affini (il cosiddetto mercato retail) dove verranno soddisfatte tutte le richieste pervenute; la seconda fase ci sarà la mattina del 9 marzo e sarà riservata solo agli investitori istituzionali.

Il nuovo BTp Italia avrà una durata di 5 anni e prevede un premio fedeltà pari all’8 per mille per coloro che lo acquistano all’emissione e lo detengono fino a scadenza, nel 2028 (ma il tasso finale sarà comunicato dal Mef solo a ridosso dell’emissione). Norisk, che da tempo elabora un indice di mercato dei Btp Italia, calcola che la performance registrata durante il 2022 è una delle poche positive tra tutto l’universo investibile.

Inutile dire che banche e dintorni continueranno a rimanere scettiche sugli strumenti per continuare a incamerare commissioni elevate su fondi, polizze e così via.

Conclude Rubiu.

Insomma, il BTp patriottico della Meloni rischia di non piacere all’industria del risparmio gestito.