Finanza e Risparmio

Investitori freddi sulle banche: ritorno su bond, oro e big tech

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di Mariarosaria Marchesano

La crisi delle banche californiane e di Credit Suisse in Europa – sebbene in entrambi i casi siano intervenuti piani di salvataggio – rischiano di portare instabilità all’intero settore bancario. Le ragioni di questa particolare congiuntura sono dovute all’inversione della politica monetaria da espansiva a restrittiva con rialzi dei tassi molto veloci sia da parte della Federal Reserve che della Bce, che hanno messo sotto stress le attività finanziarie più fragili. Insomma, le banche gestite male o quelle su cui la vigilanza chiude un occhio.

Il problema, però, è che nei momenti di panico gli investitori non operano una selezione attenta e finiscono per svuotare i portafogli con perdita di valore anche di titoli che hanno fondamentali sani.

Dopo il salvataggio di Credit Suisse, acquisita per 3 miliardi dalla concorrente storica Ubs, operazione orchestrata in un week end dalla banca nazionale svizzera e dai regolatori elvetici proprio per scongiurare il rischio di contagio, gli analisti di Equita Sim hanno spiegato di non avere certo dubbi che il settore bancario italiano ed europeo sia più solido e capitalizzato rispetto al passato. Tuttavia – è in sintesi il ragionamento – il rischio principale che si vede con l’aumento dei timori di instabilità finanziaria è che venga colpito uno dei principali canali di trasmissione dell’economia ossia i prestiti bancari, con un deterioramento della volontà di concedere credito sia in Europa che negli Stati Uniti. «Il nostro posizionamento neutrale sui mercati azionari resta invariato, con una preferenza per i titoli di qualità rispetto ai ciclici. Riteniamo che le scelte di politica monetaria verranno inevitabilmente modificate, ma pensiamo sia necessaria ancora una fase di aggiustamento», dice Equita.

Queste considerazioni la dicono lunga sul sentiment che rischia di radicarsi nel settore del credito. Secondo la società di consulenza indipendente NoRisk, quando la tenuta di un primario istituto  come Credit Suisse viene messa in discussione e si diffonde la psicosi di un possibile effetto a domino che possa coinvolgere altri player, c’è il rischio di alimentare la speculazione contro il settore stesso. Si sente spesso ripetere che il sistema bancario europeo è solido grazie agli elevati standard imposti e monitorati dalle autorità di vigilanza. «Ma quel che deve essere chiaro – osserva No Risk – è come una crisi di fiducia possa assumere forme non contemplate dagli stress test». Nel corso delle prossime settimane, avverte la società di consulenza, probabilmente emergeranno altre situazioni di difficoltà legate a banche o fondi che hanno subito delle perdite dalle vicende delle banche californiane e di Credit Suisse, così come è probabile che si assisterà ad una restrizione per quanto riguarda l’erogazione del credito da parte del sistema bancario.

Se fino a pochi giorni fa il rischio principale riguardava la dinamica dell’inflazione, oggi il focus è sulla stabilità finanziaria e sul costo opportunità di proseguire nel rialzo dei tassi, sia in Europa che negli Stati Uniti. «Questo scenario di mercato ha riportato gli investitori verso i titoli di Stato dei Paesi “core”, l’oro e i titoli azionari large-cap del settore tecnologico, come Microsoft, Apple e Amazon», osserva No Risk, che sconsiglia di farsi attrarre da titoli legati al settore bancario solamente per il fatto che nelle ultime settimane hanno subìto cali rilevanti, anche di diverse decine di punti percentuali: «I fatti di questi giorni aprono la porta a conseguenze che ancora non sono chiare e, più in generale, a un incremento del rischio sistemico. Per chi abbia della liquidità ancora da allocare, meglio preferire titoli di Stato con scadenza a 12/18 mesi o indici che offrono la massima diversificazione geografica e settoriale sui mercati azionari».

Insomma, sebbene il primo trimestre non sia ancora terminato, quest’anno gli investitori hanno già visto i mercati finanziari attraversare tre fasi ben distinte. Come fa notare la casa d’investimenti, Janus Henderson, gennaio è iniziato con il “rally di tutto”: tutte le principali asset class erano in rialzo. Poi, a febbraio, si è assistito a un’ampia inversione di tendenza, nel contesto di un ripensamento del consenso sui tassi di interesse nelle economie sviluppate. A marzo l’umore è cambiato ancora una volta, con l’emergere delle preoccupazioni per il sistema bancario in Europa e negli Stati Uniti. «Per quanto riguarda l’azionario, i titoli finanziari in Europa, Giappone e Stati Uniti hanno subito perdite importanti nel mese di marzo, con forti cali anche nel settore petrolifero, minerario e in altri settori più ciclici – spiegano gli economisti di Henderson – Tuttavia, i titoli difensivi e altri asset meno sensibili dal punto di vista economico si sono dimostrati particolarmente resistenti. Con i titoli di Stato, le obbligazioni investment grade, il debito dei mercati emergenti e l’oro che hanno registrato guadagni, i portafogli multi asset posizionati in modo più cauto hanno avuto l’opportunità di dimostrare il loro valore agli investitori, in un periodo in cui i titoli bancari hanno dato loro filo da torcere».