Finanza e Risparmio

Bonus IPO da confermare: spinge le PMI verso la Borsa e aiuta PIL e occupazione

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di Mariarosaria Marchesano

Mi auguro che il nuovo governo imposti al più presto delle linee guida finanziarie per la crescita delle piccole e medie imprese, favorendo il loro accesso al mercato dei capitali. Sarebbe importante se la legge di Bilancio trasformasse in una misura strutturale il credito d’imposta sui costi di quotazione per le Pmi, che ha dimostrato di avere un impatto positivo su occupazione e Pil dell’Italia.

Anna Lambiase, fondatrice e ceo di Ir Top Consulting nonché membro di diverse istituzioni finanziarie che promuovono lo sviluppo delle piccole aziende, e da luglio componente del consiglio di amministrazione di Invitalia, lo ha sottolineato anche durante una recente audizione alla Camera dei Deputati: tra il 2017 e il 2021 il bonus IPO non solo ha portato circa 5,5 miliardi nelle casse di piccole e medie imprese, che grazie a questo contributo sono state incentivate a sbarcare in Borsa, ma ha avuto una ricaduta positiva sull’intera economia reale, oltre a ridurre il divario tra la piazza finanziaria nazionale e quelle di altri Paesi.

La quotazione non è solo un’operazione di finanza straordinaria, ma una strategia di crescita per le imprese volta a favorire lo sviluppo dimensionale e industriale – dice al Settimanale -. Sarebbe perciò importante proseguire questo percorso che abbiamo contribuito ad avviare con il governo Gentiloni cinque anni fa e che si è evoluto con i governi successivi. Qui non è questione di colore politico ma di capire che c’è bisogno di far crescere la cultura finanziaria in un mondo, quello delle piccole aziende, che ha dimostrato segnali di dinamismo mai visti primi nel nostro Paese grazie a un listino di Borsa dedicato.

Il percorso delle PMI in Borsa

Il listino di cui parla Lambiase è l’ex AIM ribattezzato EGM (Euronext Growth Milan) da quando Piazza Affari è passata sotto il controllo del gruppo paneuropeo Euronext. Oggi questo segmento, che ha regole di accesso molto light, conta 184 società quotate e l’Osservatorio di Ir Top prevede che per fine 2022 arriveranno a quota 200 – per una capitalizzazione complessiva di 13 miliardi di euro – nonostante l’attuale contesto geopolitico renda volatile il mercato azionario scoraggiando questo tipo di operazioni.

Con un calo del 23% da inizio anno, il Ftse Italia Growth è l’indice che perde di meno a riprova del buon grado di resilienza delle PMI alle turbolenze di Borsa. Inoltre, sebbene quest’anno il numero delle IPO delle PMInon potrà eguagliare la cifra record di 44 registrata nel 2021 nonostante la crisi pandemica, si sono viste finora comunque 17 quotazioni alle quali si aggiungeranno le altre 10 previste per i prossimi tre mesi, per un totale di 26-27 operazioni, il che rappresenta un numero di tutto rispetto considerato che le grandi aziende continuano a disertare la Borsa.

Un altro dato interessante è che su un totale di 260 società che si sono quotate sull’ex AIM da quando è nato una decina d’anni fa sul modello dell’omonimo esistente sul London Stock Exchange, ci sono stati 22 “translisting” cioè passaggi di imprese promosse al segmento principale, l’Mta.

In parole povere, l’AIM-EGM è il listino che ha funzionato meglio sulla piazza finanziaria italiana – prosegue Lambiase –. Ed è la piattaforma che meglio sta indirizzando la raccolta di capitali verso la sostenibilità e la transizione energetica, che diventano valori recepiti fin dalle fasi iniziali della crescita imprenditoriale. Per questo auspico che vi sia continuità di lungo periodo negli incentivi fiscali da parte del governo o almeno che non manchi la copertura per il 2023.

Credito d’imposta in dirittura d’arrivo

Le variabili sulle quali è basata la stima delle prossime quotazioni in Borsa, nonostante i mercati al ribasso, sono incoraggiate proprio dal credito di imposta, che, però, lo Stato copre per quest’anno ma non per il prossimo.

I settori relativi ai nuovi collocamenti saranno rappresentati da tech, fashion/luxury e industrial, con una raccolta aggiuntiva nel 2022 di circa 250 milioni di euro. Ma il successo di Egm è dovuto anche ai PIR, i Piani individuali di risparmio che– varati sempre dal governo Gentiloni – hanno favorito l’ingresso di aziende italiane anche molto piccole nei portafogli dei grandi asset manager.

Una svolta che, dopo il successo iniziale, non ha mancato di suscitare qualche obiezione sull’opportunità, da parte di Palazzo Chigi, di indirizzare il risparmio degli italiani verso un listino deregolamentato e verso imprese che per loro natura presentano un rischio maggiore rispetto a grandi società.

Investire in Borsa è sempre rischioso – ribatte Lambiase –. E lo scorso anno sull’EGM ci sono state aziende che hanno fatto fare agli investitori guadagni anche del 300 per cento. Quindi, maggiore è il rischio più elevato può essere il rendimento

. E poi ricordo che le start up sono in numero limitato, mentre la maggioranza è rappresentata da aziende che seppure di dimensioni limitate (il fatturato non può superare 50 milioni di euro) spesso sono alla seconda o terza generazione, hanno cioè una storia riconosciuta che è stata verificata dagli advisor che le hanno fatte debuttare a Piazza Affari.

Detto questo, ricordo che la maggioranza degli investitori dell’EGM appartiene alla categoria degli istituzionali che è più abituata a gestire il rapporto tra rischio e rendimento.

Tra i nomi più noti, Mediolanum, Algebris, Julius Baer. E una sorpresa finale: il Paese che investe di più sulle PMI quotate italiane è la Svizzera.