Inchieste

Beckett: produzione da Pechino a Mogliano

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di Alessandro Luongo

Dall’aprile 2021 i container di trasformatori di accensione per bruciatori non partono più da Pechino ma da Mogliano Veneto (Tv). È il caso di Fida (Fabbrica italiana dispositivi d’accensione), azienda fondata nel 1945 dalla famiglia Graziati, integrata dal settembre 2019 nel gruppo Beckett corporation di Cleveland (Usa), colosso manifatturiero attivo dal 1937 e primo produttore di bruciatori negli Stati Uniti (con 1.200 dipendenti).

«La casa madre che ci ha acquisito produceva i trasformatori in Cina, così, nel 2020 proposi di portarli in Italia, perché i nostri erano più efficienti – spiega Francesco De Simone, ad e direttore generale di Fida dal 2016 –; malgrado il gap del costo del lavoro europeo rispetto a quello asiatico, il nostro processo produttivo è automatizzato rispetto a quello cinese nella fase dell’impregnazione. Per essere ancora più competitivi abbiamo dovuto però fare investimenti nell’acquisto di macchinari per l’assemblaggio che ci hanno permesso i risultati finali, un raddoppio del fatturato (da 3,1 milioni di euro del 2019 a 6,2 del 2021)».

Investimento di «700- 800 mila euro reso possibile dalla Transizione 4.0, che prevede incentivi per l’acquisto di beni strumentali interconnessi da parte delle imprese in forma di credito di imposta. Se non avessi potuto usufruire di questo incentivo, che mi permette di recuperare il 40% di quanto investito in 3- 4 anni, avrei dovuto continuare a fare acquisti dalla Cina».

Uno sviluppo industriale e commerciale, dunque, tradottosi in importanti investimenti nello stabilimento di Mogliano, con l’acquisto di macchinari di ultima generazione che hanno spinto l’automazione di parti del processo produttivo, rafforzamento dell’attività di ricerca e sviluppo che ha portato alla realizzazione di nuove tipologie di dispositivi di accensione, una nuova linea di produzione e l’arrivo di nuovi collaboratori qualificati (il numero dipendenti è passato da 32 a 38 unità). Non solo. «Ho introdotto anche un nuovo profilo – riprende De Simone – l’innovation manager, figura professionale fondamentale, e conto di arrivare a 40 dipendenti per fine 2023». Nel frattempo il fatturato 2022 è salito a 7,2 milioni di euro. C’è da dire che Fida era già un’impresa primaria nel settore, vantando già clienti come Riello e Ariston, per esempio; il reshoring ha dimostrato come nella componentistica il sistema italiano, e in particolare quello trevigiano, sia in grado di mantenere un ruolo di primo piano nella competizione internazionale. «I nostri fornitori sono tutti nel distretto industriale della nostra zona e garantiscono un’alta qualità di prodotti, poi noi eravamo già leader in Cina prima dell’acquisizione statunitense. Siamo anche più flessibili perché abbiamo tempi di consegna più veloci dei cinesi, ormai nessuno vuole fare più magazzino».

Fida non ha riscontrato intoppi nella ricollocazione italiana dei dispositivi di accensione per bruciatori? «A dire la verità, noi imprenditori parliamo troppo poco fra di noi, non facciamo sistema, rete. Un esempio? Il mio principale competitor è un colosso danese da 12 miliardi di fatturato, il cui prodotto presenta tutti i vantaggi delle grandi aziende, ma noi siamo più veloci. Il problema è che in Italia e nel nostro distretto i vari componenti sono fatti da tante Pmi, c’è eccessiva frammentazione. Per risolvere questi svantaggi, senza perdere la flessibilità (cioè adeguare in tempi stretti la produzione), noi ci siamo orientati a fornire un pacchetto completo al cliente, il bruciatorista».