Inchieste

Concessioni: la babele di regole in Europa

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di Federico Bosco

Da quando nel 2006 la Commissione europea ha imposto agli Stati membri di liberalizzare il settore, la questione delle concessioni balneari affligge il dibattito italiano. Ogni volta che un governo – di qualsiasi parte politica – si è trovato a dover prendere una decisione ha rimandato la questione con una proroga delle concessioni esistenti, ma come è stata recepita la Direttiva Bolkestein e come funziona negli altri paesi dell’Unione europea?

Le uniche realtà europee paragonabili all’Italia sono in Portogallo, Spagna, Francia, Grecia e Croazia. Le normative differiscono da stato a stato, ma quasi ovunque c’è un diritto di prelazione che tutela gli investimenti dei concessionari esistenti, accompagnato da una revisione periodica delle condizioni di utilizzo, una forte tutela ambientale e un generale riconoscimento del demanio marittimo come di un bene della collettività.

Portogallo

La normativa portoghese distingue tra licenza e concessione stabilendo, in linea generale, che lo sfruttamento a fini turistici delle spiagge può avvenire solo a seguito di una gara pubblica. L’obbligo vale per gran parte delle licenze e per tutte le concessioni, ma permangono delle deroghe per i titolari “originari” che di fatto rappresentano un diritto di prelazione che sfavorisce fortemente l’ingresso di nuovi operatori.

La licenza è necessaria per l’occupazione temporanea delle spiagge con “manufatti amovibili” come pontoni, tende da sole, ombrelloni, sdraio, gazebo, spogliatoi, capanni, chioschi e docce. La durata di queste licenze viene stabilita tenendo conto del periodo di ammortamento degli investimenti, la durata massima è 10 anni. Allo scadere della licenza le strutture vanno rimosse ripristinando la situazione preesistente.

La concessione invece riguarda la realizzazione di “costruzioni stabili” dedicate allo sviluppo di attività turistiche. La durata della concessione viene stabilita caso per caso in base agli investimenti del concessionario con una durata massima di 75 anni. È prevista la possibilità di proroghe in caso di investimenti aggiuntivi, o il rimborso nel caso questi non siano stati recuperati entro la scadenza della concessione.

Spagna

La normativa spagnola è orientata a favore del carattere pubblico del demanio, le spiagge sono definite “libere” e non possono essere oggetto di concessione. Ma solo in teoria.

La zona che precede la spiaggia infatti può essere oggetto di una concessione. Nel 1988 l’entrata in vigore della legge portò a dei contenziosi relativi alle costruzioni private passate al demanio pubblico – ovvero strutture edificate sulla costa ma non sulle spiagge – che si risolse riconoscendo ai titolari una concessione della durata di 30 anni in cambio di un canone annuo.

Nel 2013 la legge ha stabilito un nuovo regime di proroga “straordinaria e selettiva” delle concessioni esistenti, soggetta a una valutazione ambientale che definisce le condizioni e i requisiti per il rinnovo delle concessioni, con una durata che può arrivare fino a 75 anni.

Sono invece soggette ad autorizzazione concessoria le attività a scopo di lucro che si possono esercitare affittando le strutture provvisorie da usare in spiaggia (come lettini, sedie a sdraio e ombrelloni). La durata di queste autorizzazioni, oggetto di una gara pubblica, è di 4 anni.

Francia

Il sistema francese rappresenta forse l’unica eccezione significativa nel quadro delle normative nazionali europee. Fortemente orientato verso la tutela ambientale del demanio, ne favorisce un uso più  “generico” rispetto a modalità di sfruttamento permanenti e strutturate. Questo spiega la durata relativamente breve delle concessioni rispetto agli altri paesi europei.

Il rilascio e il rinnovo delle concessioni è subordinato a gare pubbliche basate sulla comparazione delle domande, la durata massima è 12 anni. L’accesso alle spiagge deve rimanere sempre libero e gratuito, le concessioni hanno l’obbligo di preservare la libera circolazione e l’uso del litorale da parte del pubblico per la maggior parte della riva. Almeno l’80 per cento del litorale in concessione deve rimanere libero da qualunque struttura o installazione, tutto deve essere concepito in modo da permettere (a fine concessione) il ritorno dell’area allo stato iniziale.

Grecia

La normativa greca è tra quelle maggiormente in linea con la Direttiva Bolkestein, in quanto prevede l’assegnazione delle concessioni al termine di procedure di selezione che garantiscano imparzialità e trasparenza. Ma anche in questo caso ci sono dei distinguo.

Le gare infatti avvengono in tutti i casi, ma con l’eccezione degli hotel che si trovano di fronte alla spiaggia, per i quali è prevista una deroga che a determinate condizioni gli permette di ottenere un’autorizzazione annuale all’esercizio della loro attività. La normativa prevede anche la possibilità di concedere in leasing lo sfruttamento delle coste e delle spiagge a fini commerciali, industriali o per altri scopi valutati di pubblica utilità. Inoltre, nel 2014 un decreto del ministero delle Finanze ha disciplinato l’affidamento diretto (senza procedura di gara) delle spiagge concesse in leasing, attribuendo agli enti locali la responsabilità dell’attribuzione. Sulla base di tale decreto sono stati deliberati quasi un centinaio di progetti per la realizzazione di concessioni per uso ricreativo e turistico su lidi e spiagge di particolare valore naturalistico.

Croazia

La normativa croata per la concessione commerciale del demanio marittimo permette lo svolgimento delle attività economiche, con o senza l’utilizzo degli edifici esistenti o di altre strutture, e viene assegnata su domanda del richiedente mediante una gara pubblica. La concessione ha una durata che va da un periodo da 5 a 99 anni, stabilita in base all’importo e allo scopo degli investimenti e obiettivi complessivi che saranno raggiunti con la concessione.