Inchieste

Crisi d’impresa: le novità della composizione negoziata

Scritto il

di Antonio Tomassini (Tributarista DLA Piper Studio Legale) e Raffaele Buono (Fallimentarista DLA Piper Studio Legale)

Dopo la svolta linguistica e culturale dell’addio al termine “fallimento”, il nuovo codice della crisi (D.L. 14/19, di seguito “CCII”), a seguito degli ultimi affinamenti normativi, offre un rinnovato e migliorato panorama di strumenti a supporto delle imprese in difficoltà. Tra le principali novità la composizione negoziata, introdotta invero già dal Governo Draghi nell’agosto 2021, strumento che contempla anche misure premiali fiscali. Del resto, le aziende in difficoltà sovente accumulano debiti previdenziali e fiscali, visto che impiegano le risorse finanziarie, anche rivenienti da tributi come l’IVA, per far fronte ad altri impegni ritenuti prioritari per la sopravvivenza imprenditoriale (stipendi, fornitori).

La composizione negoziata si presenta come istituto nuovo e (auspicabilmente) efficace di risoluzione stragiudiziale della crisi di impresa, mirando da un lato ad evitare il ricorso all’Autorità giudiziaria e, dall’altro, a prevenire e gestire una situazione di squilibrio economico–patrimoniale ritenuta reversibile.

L’art. 12 del CCII consente, in particolare, all’imprenditore commerciale e agricolo di chiedere la nomina di un “esperto” al segretario generale della camera di commercio quando versa in una situazione che ne renda probabile la crisi o l’insolvenza e risulti «ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa». L’esperto, scelto tra professionisti con esperienza almeno quinquennale nel settore delle ristrutturazioni aziendali, ha il compito di agevolare le trattative tra l’imprenditore e i creditori.

A seguito della nomina, l’esperto convoca l’imprenditore per valutare la concreta prospettiva di un risanamento aziendale. La soluzione per il superamento della situazione di crisi va individuata entro 180 giorni (prorogabili di ulteriori 180) dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto. Pur non producendo di per sé effetti protettivi a favore dell’imprenditore contro eventuali azioni di recupero esperite dai creditori, il CCII ha previsto che l’imprenditore possa formulare apposita richiesta al Tribunale di applicazione di misure protettive volte a tutelare il patrimonio da eventuali azioni esecutive e cautelari, sia al momento dell’istanza di nomina dell’esperto sia successivamente, durante la Composizione Negoziata, per un periodo di massimo 240 giorni.

Nel corso del tentativo di composizione negoziata, l’imprenditore mantiene la completa gestione dell’impresa sia per gli atti di ordinaria che di straordinaria amministrazione (questi ultimi, da segnalare all’esperto). Se è individuata una soluzione idonea al superamento della crisi, le parti possono, alternativamente, concludere un contratto con uno o più creditori, una convenzione di moratoria o un accordo sottoscritto dall’imprenditore. All’esito delle trattive l’imprenditore può anche implementare, a seconda delle esigenze, i tradizionali strumenti di regolazione della crisi, principalmente:

  1. un piano attestato di risanamento;
  2. un accordo di ristrutturazione;
  3. un concordato preventivo.

A seconda dello strumento in concreto attuato, l’imprenditore potrà usufruire di talune “misure premiali” fiscali, che spaziano dalla riduzione delle sanzioni al minimo edittale, ovvero del 50%, alla concessione di piani di rateazione del debito fino ad un massimo di 72 rate.

Ulteriore novità risiede nella facoltà dell’imprenditore, ove l’esperto accerti che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni di cui sopra non sono risultate praticabili, di presentare, nei 60 giorni successivi alla comunicazione di archiviazione della composizione negoziata, in alternativa agli strumenti di ristrutturazione sopracitati, una proposta di concordato semplificato per la cessione dei beni unitamente ad un piano di liquidazione.

Tale procedimento costituisce una modalità semplificata di liquidazione del patrimonio che, a differenza del concordato ordinario, non richiede l’attestazione di veridicità dei dati aziendali da parte di un professionista indipendente (cd. attestatore), né l’approvazione della proposta da parte della maggioranza dei creditori. In tale ipotesi è possibile falcidiare i debiti previdenziali e tributari senza che sia necessario attivare la più complessa procedura di “transazione fiscale”, a condizione che il tribunale accerti che la proposta formulata al Fisco «non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale». Pertanto, con l’omologa del concordato semplificato l’imprenditore potrà ottenere uno stralcio (anche significativo) dei debiti tributari e previdenziali purché sia in grado di proporre una soddisfazione complessivamente migliorativa di tali debiti rispetto a quella che il Fisco otterrebbe in una liquidazione giudiziale.

Nonostante sia trascorso oltre un anno dalla sua entrata in vigore, le statistiche evidenziano un utilizzo ancora molto limitato, da parte delle imprese, della composizione negoziata della crisi. Sicuramente il successo di tale procedura dipenderà, in larga parte, dalla misura con cui i professionisti chiamati a svolgere la funzione di esperto sapranno interpretare un ruolo che, come visto, dovrebbe concretarsi nell’esercizio di attività perlopiù di mediazione, con un approccio che deve necessariamente essere anche propositivo, non solo di passivo controllo della regolarità della procedura. Se si vuole veramente andare “oltre il fallimento”, come sempre accade nel mondo del diritto, non bastano le norme scritte.