Tratto dall'edizione numero 3 del 23/09/2022

Dieci storie di ordinaria rabbia quotidiana

di Redazione Il Settimanale

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Dieci imprenditori raccontano a "il Settimanale" le loro difficoltà di ogni giorno. Tanti messaggi in bottiglia per il nuovo governo che verrà

Il Gruppo Toma Italian Brands, con sede a Taranto, opera nel campo del Fashion, con 50 dipendenti e 200 addetti dell’indotto. Tra il Covid e la guerra ha perso l’80% del mercato estero, quasi tutto russo, ora chiede al governo interventi sostanziali e strutturali, per valicare la nuova sfida energetica e tenere i dipendenti. «Il mercato di riferimento è rimasto quello italiano- spiega Salvatore Toma, fondatore e guida strategica del gruppo -. Dal 2021 sono aumentate le materie prime, i tessuti in particolare, poi il costo del trasporto ha fatto lievitare i prezzi. Ora il caro energia ha costretto i fasonisti (come si chiamano in gergo i terzisti che si confezionano gli abiti) ad aumentare il valore della loro opera e noi abbiamo triplicato i costi. Stiamo passando al fotovoltaico per garantire un abbassamento delle bollette. Ma la preoccupazione maggiore è che l’inflazione galoppante blocchi il potere d’acquisto. Il nostro settore funziona così: noi spediamo i capi per la stagione invernale tra luglio e agosto e poi saremo pagati a 120 giorni. Il rischio è che la produzione invernale non venga acquistata a causa del caro vita. Ci troveremmo nella situazione di dover licenziare. Abbiamo bisogno che il nuovo governo intervenga con forza per contenere il prezzo dell’energia e raddoppiare al Sud il credito d’imposta. Grazie al cuneo fiscale paghiamo il 30% in meno di imposte, ma deve diventare strutturale, altrimenti non ce la facciamo. Poi abbiamo bisogno di incentivi per assumere, non solo giovani e donne, ma anche i 50enni che sono usciti dal mercato e devono poter rientrare».