Inchieste

Guerra, burocrazia, speculazione: ecco le bollette della vergogna

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di Laura Siviero

Le rinnovabili stentano a decollare, l’idroelettrico soffre della siccità, l’eolico inciampa nella burocrazia e la produzione autoctona di gas è crollata dai 20,6 miliardi di metri cubi del 1994 ai 4,4 del 2020, mentre i consumi sono saliti quasi del 30%.

Rendersi autonomi dal punto di vista energetico è ancora una strada lunga, ora si punta a contenere i consumi piuttosto che a diminuire un prezzo del gas salito a livelli mai visti. L’opinione pubblica europea ha tutto d’un tratto fatto conoscenza con il mercato energetico e le sue regole, tra cui la borsa di Amsterdam, il TTF (Title Transfer Facility), accusata di scarsa trasparenza se non di speculazione. Le aziende, che si ritrovano bollette vertiginose, sono costrette a fermare la produzione come durante il Covid. Si sarebbe potuto agire diversamente per non ritrovarsi in questa situazione?

Bollette: quali voci aumentano e perché

Per capire meglio, partiamo da quali sono le voci in bolletta che salgono, e perché. Le bollette dell’energia elettrica e quelle del gas sono abbastanza simili. La prima voce è la materia prima, si paga l’energia elettrica e si paga il gas.

Si possono avere i contratti di tutela, che sono sostanzialmente delle tariffe fissate dall’Arera (l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), su tutto il territorio nazionale, l’oscillazione dipende, per quanto riguarda il gas, dai costi di trasporto che sono differenziati per alcune zone d’Italia.  Invece, per quanto riguarda l’energia elettrica, i prezzi sono uguali in tutto lo stivale.

Oppure si hanno contratti a mercato libero che permettono agli operatori di stabilire in modo autonomo i prezzi. Mentre nelle tariffe tutelate è il regolatore che decide quanto si paga, con criteri sostanzialmente di mercato, per il mercato libero, si può decidere di fare un contratto a prezzo fisso per uno o due anni (anche se adesso è molto difficile). O ancora un prezzo ancorato a quello mensile dell’energia elettrica.

In bolletta ci sono poi le famose “spese di trasporto e gestione del contatore”. Che cosa vanno a coprire? Nel caso del gas, i costi delle reti di distribuzione e trasporto che portano il gas nelle case. E per quanto riguarda l’energia elettrica, sia le linee di trasmissione (come quelle di Terna) che portano l’energia elettrica da una regione all’altra, sia le reti più piccole di distribuzione che portano l’elettricità all’interno delle città fino ai nostri contatori e il costo dei contatori, compresa la gestione delle letture. Costi che sono determinati in maniera puntuale dall’Autorità. E c’è l’Iva che ha un suo peso, al 10% per i contratti domestici relativi alla luce e al 22% per le aziende (anche se per loro è una partita di giro); mentre per il gas pesa circa il 5% (è stata abbassata).

Ma quello che costa più di tutto è la materia prima: il gas. Tutto deriva dal gas. L’energia elettrica aumenta di costo perché abbiamo un sistema di formazione del prezzo, il Marginal Price System, secondo il quale il prezzo viene determinato dalla fonte energetica più costosa. Il prezzo viene definito ora per ora nel punto d’incontro più alto tra domanda e offerta, che è molto spesso il prezzo determinato dagli impianti a gas.

L’energia elettrica è un bene indistinguibile – spiega Giulio Bettanini consulente energetico – che venga prodotto dall’impianto fotovoltaico o dalla centrale a gas è uguale, quindi dal punto di vista economico è corretto che venga venduto in un unico mercato indipendentemente da come viene prodotto.

Disaccoppiamento contro il caro prezzi: come funziona

Oggi però si parla molto di disaccoppiamento per far scendere i prezzi. Cosa significa? La remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili è legata, da quando esiste il mercato elettrico, al costo della generazione a gas e, da circa 12 mesi, a causa dell’aumento del prezzo del gas, le fonti rinnovabili godono di elevati profitti che vengono ora ritenuti da molti “extraprofitti” non dovuti.

In Italia in un certo senso – continua Bettanini – si sta già facendo il disaccoppiamento. Siamo andati a prelevare, come Paese, gli extraprofitti di buona parte delle rinnovabili. Questo tipo di disaccoppiamento può funzionare molto bene in Francia e Germania, dove una quota minoritaria dell’energia è prodotta da gas e quasi tutto il resto da fonti rinnovabili o nucleare (in Francia) o lignite (in Germania), che hanno un costo di produzione molto più basso del gas, dunque ci sono maggiori extraprofitti su cui andare a intervenire, da dedicare ad aiutare le famiglie in difficoltà.

L’Italia ha circa il 50% della sua energia elettrica prodotta da gas. Un altro 15% circa prodotto da carbone, olio combustibile e altre fonti fossili, il resto dalle rinnovabili. Quest’anno con la siccità eccezionale, l’idroelettrico ha prodotto per alcuni mesi il 40% in meno, il fotovoltaico che è molto presente in Italia e produce molto d’estate, in inverno genera solo un terzo dell’energia.

Tassare gli extraprofitti è stato utile per finanziare meccanismi di sostegno a famiglie e imprese. Ma si riduce la capacità di investimento nel green.

Il ruolo del TTF

Il prezzo poi fa i conti con il TTF, la borsa di Amsterdam sull’energia, gestito da Intercontinental Exchange, la stessa società che, per intenderci, detiene la proprietà anche del New York Stock Exchange (cioè Wall Street), in cui gli operatori possono vendere e comprare gas naturale al di fuori dei contratti a lungo termine. Si tratta dunque di un mercato fondamentale per la definizione del prezzo finale, tanto che le stesse bollette del mercato tutelato sono indicizzate al TTF.

C’è un problema: si tratta di un mercato a dir poco limitato, con scambi di contratti per circa 1-2 miliardi di euro al giorno: a mo’ d’esempio, un valore migliaia di volte inferiore a quelli della Borsa petrolifera per il Brent a Londra. Anche al netto di fenomeni speculativi, basta una richiesta aggiuntiva alla normale routine (fatta di pochi volumi) a provocare un impazzimento del prezzo.

Ecco perché in una fase di scarsità di offerta, come quella che stiamo vivendo, le bollette degli europei sono schizzate verso l’alto. Vista l’assenza di gas – dovuta alla riduzione del metano da parte di Gazprom, iniziata ben prima della guerra in Ucraina – il mercato TTF ha visto il proprio prezzo salire di oltre 10 volte in pochi mesi. Il motivo è semplice: la domanda di gas nell’Unione Europea rimane elevata. Per ridurla ci vuole tempo o grandi sacrifici e, vista l’offerta in calo, il prezzo è decollato.

Il tema ora è il contenimento dei consumi per far scendere il prezzo. Se gli extraprofitti venissero utilizzati per calmierare i prezzi, i consumatori non avrebbero la percezione di dover abbassare i consumi e non si otterrebbe l’effetto desiderato. Tra le aziende, quelle che potranno abbasseranno i consumi, le altre saranno costrette a fermare la produzione, come durante il Covid, con il rischio di una ulteriore recessione, ormai sempre più concreto.

Si sarebbero potute adottare soluzioni diverse? I 27 partner della Ue stanno litigando su misure come il tetto al prezzo del gas, il disallineamento gas-luce e lo spostamento degli scambi dalla borsa di Amsterdam a una piazza più grande e più trasparente. «Troppo complesso attribuire colpe per la situazione in questo contesto – conclude Bettanini -. L’aumento dei prezzi non si poteva certo evitare, forse se ne potevano ridurre un po’ gli impatti. Ma Paesi con mix energetici molto diversi dall’Italia o con fonti di approvvigionamento di gas ben diversi dalle nostre, come la Spagna, sono più o meno tutti nella stessa barca».

Gli aumenti in bolletta

Intanto dal 1° ottobre è scattato l’aggiornamento dei prezzi da parte di Arera per il prossimo trimestre: per la luce a 0,66 € a kWh, con un aumento del +59% (senza un intervento dell’Authority sarebbe stato del 100%), mentre per il gas è tutto rinviato al 1° novembre a causa del cambiamento del sistema di calcolo. Le stime parlano di un +70%. Una magra consolazione: l’Authority ha deciso che alle utenze domestiche sul mercato tutelato le bollette potranno essere inviate su base mensile e non più bimestrale o trimestrale. Gli aumenti restano ma saranno più graduali.