Inchieste

Imprese in trincea contro il caro energia

Scritto il

Mantero seta: settimana corta e nuovi listini

Di Dino Bondavalli

Macchine ferme il venerdì per tutto il mese di settembre senza ricorso ad ammortizzatori sociali, per superare un momento di disequilibrio tra costi energetici e necessità produttive e ripartire a pieno regime già da ottobre. È una formula pilota che potrebbe essere estesa anche ad altri casi nel sistema moda quella adottata dal Mantero Seta, storico gruppo tessile comasco che produce tessuti d’alta gamma per i più importanti brand a livello internazionale.

L’azienda, che nella stamperia occupa poco meno di 400 dipendenti, ha infatti stretto un accordo di flessibilità temporanea, condiviso con i lavoratori e le rappresentanze sindacali, per organizzare i turni di lavoro in stamperia su 4 giorni a settimana. Una formula adottata per un mese ma che ha consentito all’azienda di affrontare con i fornitori di energia il tema delle tariffe, anche in considerazione degli ulteriori aumenti in vista del periodo autunno/inverno, e di studiare possibili nuovi accordi con i clienti sui listini, definiti in una fase nella quale i costi di produzione erano ben lontani da quelli con cui Mantero si deve confrontare oggi.

La mancata produzione di settembre sarà recuperata progressivamente.

Spiega Sandro Estelli, della Filctem Cgil di Como, tra le sigle che hanno accompagnato la trattativa con l’azienda guidata da Simone Mercuri e Simone Taroni. Nel frattempo è stata data la possibilità al gruppo di ricontrattare i prezzi dei listini con i grandi brand della moda, che in questo momento stanno avendo ottimi risultati di vendite e utili altissimi.

Il rischio era di produrre sottocosto metri di tessuti i cui ordini erano arrivati tra maggio e giugno, quando le tariffe energetiche non erano così alte.

Un pericolo che riguarda molte altre realtà del settore.

Ceramica Noi: Passiamo al gpl

Di Giorgio Costa

Iniziare a lavorare prima per risparmiare sui costi energetici. Sia di raffrescamento sia di illuminazione. E così alla Ceramica Noi di Città di Castello (Perugia) si è iniziato a lavorare alle cinque del mattino.

Risparmiavamo circa cinque, seimila euro al mese che, su una bolletta di 60mila euro, era il 10%. Ma oggi – spiega il presidente Marco Brozzi – con una bolletta di 180mila euro il risparmio diventa simbolico o poco più. Comunque continuiamo a operare per spendere sempre meno e ora stiamo valutando di trasformare gli impianti da metano a Gpl, cosa che ci consentirebbe di passare da una spesa energetica da seimila euro al giorno a 1.500. Per fare ciò dobbiamo investire 100mila euro in impianti, e lo faremo: con la possibilità di tornare al metano qualora i prezzi diventassero più ragionevoli.

L’azienda ha ordini fino a tutto il 2023, grazie a una produzione di nicchia di ceramiche da tavola per grandi marchi in Europa e anche negli Stati Uniti. Niente male per una cooperativa nata da undici operai licenziati nel 2019 a causa di una delocalizzazione in Armenia (era rimasto giusto il forno in Italia visto che smontarlo costava troppo) che ora sono diventati 22 grazie a un mercato che ne riconosce in pieno le doti e la capacità di produrre bellezza e qualità. In tre anni il fatturato della vecchia impresa da loro rilevata è più che quadruplicato a oltre due milioni di euro, conquistando quote di mercato in tutto il mondo e un rapporto di fiducia con alcuni grandi marchi.

Ecologistic: reparti chiusi, ferie forzate e ora la Cig

Di Laura Siviero

Le aziende che non si sono dotate di fonti di energia alternativa ora si trovano nei guai. La Ecologistic Spa di Ginosa (TA), ha le risorse per reggere un altro mese, poi si ferma. Un’azienda a economia circolare, dal recupero della plastica alla produzione di imballaggi per ortofrutta con 150 dipendenti diretti e altrettanti indiretti, con un volume d’affari di 18 milioni di euro nel 2021 e una previsione di incremento di fatturato del 30% per il 2022, ma che dipende dal prezzo del gas.

Avevamo un contratto di energia a luglio 2021 al costo di 9 centesimi a kWh – spiega Felice Bitetti ceo dell’azienda. A luglio è scoppiato il costo unitario a 53 centesimi a kWh: 640mila euro di bolletta, salita a 730mila euro ad agosto.

Alla Ecologistic si iniziano a cambiare i turni di lavoro e si fermano macchinari superenergivori.

Dall’1 ottobre abbiamo chiuso due reparti, 20 persone stanno smaltendo ferie, se non basterà dovremo chiedere la Cig. Abbiamo 3/4 mesi di prodotto a magazzino, possiamo sospendere la produzione per un po’. Se la situazione dovesse persistere reggeremo un altro mese.

L’azienda sta firmando un contratto per un impianto fotovoltaico che permetterà riduzioni del 50-60%, ma prima di 5-6 mesi non entrerà a regime.

Gli aiuti previsti dal governo – sostiene Bitetti – non sono sufficienti. Il credito d’imposta sul consumo di energia è poca cosa. L’emergenza va trattata come il Covid, vanno prese misure europee, ma non tutti i Paesi hanno questi problemi. C’è chi specula sugli aumenti.

Puglia: chiudono le stalle e i formaggi sono a rischio

Di Donatella Lopez

Il caro bollette e l’aumento del costo dei mangimi in seguito alla guerra in Ucraina ferma in Puglia la produzione di latticini con il rischio di ripiegare su cibo sintetico.

Dietro il quale – secondo Coldiretti, scesa in campo a difesa delle aziende lattiero casearie pugliesi – si nascondono colossali interessi commerciali e speculativi; una minaccia letale per l’agricoltura italiana, la salute dei consumatori e la biodiversità del pianeta.

In tre anni, da giugno 2019 a giugno 2022, in Puglia hanno chiuso 266 stalle. Prima la pandemia, poi la guerra hanno messo a rischio la stabilità della rete zootecnica.

Quasi una stalla su dieci (8%) – dicono sempre dalla Coldiretti – è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione, ma anche per l’ambiente e il patrimonio enogastronomico regionale.

In Puglia al momento sono censite 2mila stalle che garantiscono una produzione di 108mila tonnellate di latte per un valore di oltre 130 milioni di euro e 40mila tonnellate di formaggi. Numeri che alimentano la catena produttiva lattiero-casearia regionale e che danno lavoro a 6mila persone fra occupati diretti e indotto.

Quanto al caro bollette, la Coldiretti spiega che l’agroalimentare in Puglia assorbe oltre il 10,3% dei 5,578 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) all’anno dei consumi totali. Il risultato è un crollo del valore aggiunto che in alcuni settori sfiora i 100mila euro ad azienda e che mette un allevamento su dieci a serio rischio di chiusura. Sempre l’associazione dei coltivatori, infine, ha denunciato anche la forte impennata dei costi per le aziende agricole con aumenti in bolletta del 220% e il rischio chiusura per oltre 20mila aziende.