Inchieste

Sostegno Ucraina: Meloni in difficoltà con la UE

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di Federico Bosco

Per l’Italia la decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina è stato uno choc economico e politico che ha messo il Paese di fronte alle sue contraddizioni, spazzando via l’ottimismo di un momento in cui il peggio della pandemia veniva messo alle spalle. L’improvviso caro energia ha costretto Mario Draghi ha introdurre un pacchetto di misure straordinarie (si veda l’articolo accanto) pari a circa il 3%, con interventi per contenere i costi delle bollette, i bonus per le utenze elettriche e del gas, i crediti di imposta per le imprese, la riduzione delle accise sui carburanti.

Ciò nonostante, il costo sociale della crisi è stato altissimo: negli ultimi novi mesi 4,7 milioni di italiani si sono ritrovati nella condizione di non essere in grado di pagare una o più bollette, e se prezzi tornassero a crescere, dopo l’allentamento delle tensioni negli ultimi mesi, si stima che altri 3,3 milioni di persone potrebbero non riuscire più a pagare le utenze. Inoltre, i consumi interni continuano a essere frenati dalla perdita di potere d’acquisto, dovuta oltre che all’alta inflazione anche alla scadenza degli sconti fiscali.

Tuttavia, il sistema economico ha superato il primo anno di guerra molto meglio di quanto sifosse temuto nei primi mesi del caro energia. E anche il 2023 si annuncia positivo: secondo le previsioni d’inverno della Commissione europea, dopo la crescita del 3,9 per cento dell’anno scorso, il Pil italiano crescerà dello 0,8 per cento quest’anno e dell’1 per cento nel 2024. Ma se l’economia ha dimostrato ancora una volta di avere gli anticorpi per superare le difficoltà e sopravvivere alle crisi, non si può dire lo stesso della politica, un fattore determinante per affrontare con successo la trasformazione della realtà internazionale innescata dalla guerra russo-ucraina.

Il governo Draghi è uscito di scena da poco più di tre mesi e al suo posto è entrata in carica Giorgia Meloni. La premier ha conquistato Palazzo Chigi in uno dei momenti più difficili della storia del Paese, e fino a una settimana fa gli veniva riconosciuto di aver saputo mettersi nella scia dell’operato del premier che l’ha preceduta senza snaturarsi, beneficiando dell’effetto Draghi. Quel dividendo politico però si è esaurito.

All’ultimo Consiglio europeo la premier italiana si è trovata al centro di una polemica amplificata dalla sua reazione. Meloni si è risentita per l’esclusione dall’incontro a Parigi di Emmanuel Macron e Olaf Scholz con Volodymyr Zelensky la sera prima del vertice a Bruxelles, definendo l’invito al presidente ucraino «inopportuno». In questo modo, Meloni ha dimostrato pubblicamente di essersi sentita declassata rispetto a pochi mesi fa, quando l’Italia di Draghi in questo tipo di incontri era al fianco di Francia e Germania (si pensi al viaggio di otto mesi fa a Kiev di Draghi con Macron e Scholz). Ma se già il battibecco Roma-Parigi non sembra destinato a dissiparsi rapidamente, qualche giorno dopo la situazione è peggiorata ulteriormente. Uscendo dal seggio delle elezioni regionali Silvio Berlusconi ha dichiarato ai cronisti che lui non sarebbe mai andato a parlare con Zelensky, aggiungendo che «bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbas» (affermazione discutibile), e sottolineando di dare un giudizio «molto, molto negativo sul comportamento di questo signore», ottenendo per queste parole anche il plauso del ministero degli Esteri russo.

Dichiarazioni che gettano ombre su un sostegno italiano a Kiev mai granitico, pur se più volte ribadito a parole (dal governo) e con i fatti: a inizio gennaio il Senato ha approvato la conversione del decreto che proroga fino al 31 dicembre 2023 la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine. Gli uffici stampa di Palazzo Chigi e Forza Italia si sono affrettati a ridimensionare la dichiarazione di Berlusconi, ma l’accaduto è stato troppo per Kiev che non ha potuto fare a meno di esprimere apertamente il disappunto definendo il leader di Forza Italia addirittura «un agitatore vip che agisce nel quadro della propaganda russa barattando la reputazione del suo Paese con la sua amicizia con Putin», infliggendo «un danno all’Italia».

Per Meloni sarà difficile rimettere a posto le cose, sono questioni che vanno oltre la crisi ucraina e i rapporti con l’Eliseo. La premier italiana infatti non è stata esclusa dal vertice franco-tedesco con il leader ucraino per ragioni politiche specifiche. Semplicemente, Macron e Scholz in passato ritenevano di aver bisogno di Draghi, mentre di Meloni sembrano fare volentieri a meno. La questione però è dirimente, l’Italia ha bisogno di cooperare con Francia e Germania su dossier centrali per il futuro della sua economia, come la risposta europea all’Inflation Reduction Act statunitense, la riforma del Patto di stabilità, l’attuazione del Pnrr, le politiche per la transizione verde. Ogni soluzione europea passerà per Berlino, Parigi e Bruxelles. Roma non può fare a meno di essere un attore propositivo in ognuna di queste partite, ma per farlo deve dimostrare, con reale convinzione, da che parte vuole stare.