Inchieste

L’inverno fa paura: incubo razionamenti

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di Giorgio Costa

Cosa facciamo se manca il metano? Non possiamo che chiudere l’attività.

Il caro energia spaventa tutti ma c’è un settore, quello della ceramica, dove pullulano i forni di cottura dei manufatti alimentati esclusivamente a metano, a oggi l’unico combustibile adatto a spingere la temperatura fino ai 1.250 gradi. E in caso di razionamento del gas metano, sarebbe costretto a chiudere.

I timori del settore ceramica

Magari con chiusure programmate, lunghe almeno un mese – spiega Bruno Migliorini, direttore finanziario di Moma ceramiche di Finale Emilia – perché i nostri forni si spengono e si riaccendono consumando gas, non si possono disattivare come si fa con l’interruttore della luce.

Se si dovessero chiudere i rubinetti del metano, saremo costretti a fermarci e a mettere tutti in cassa integrazione.

Rincara Augusto Ciarrocchi, presidente di Flaminia, oltre che vicepresidente nazionale di Confindustria ceramiche.

Non solo la materia prima ha raggiunto prezzi folli, infatti, ma rischia di non bastare, soprattutto se l’inverno prossimo sarà freddo. Lo stop alle forniture della Gazprom a inizio mese nel tubo che arriva a Tarvisio è l’ultimo indizio, dopo gli attentati che hanno messo fuori uso i gasdotti Nord Stream 1 e 2. Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, getta acqua sul fuoco: in questi giorni l’Italia ha un surplus di gas e ne sta addirittura esportando. Infatti, secondo Snam, sabato 1° ottobre eravamo a 26 milioni di metri cubi per l’export e a 50 milioni per gli stoccaggi. I quali hanno raggiunto il 90% di riempimento.

Il presidente dell’Eni, Claudio Descalzi, ha detto però che «è difficile essere ottimisti per l’inverno». Il contributo addizionale del gas russo di 20 milioni di metri cubi al giorno è fondamentale.

Che gli stoccaggi nazionali di gas siano quasi al 90% è una buona notizia – spiega Davide Tabarelli, di Nomisma Energia – ma se ci saranno molti giorni freddi e il consumo aumenterà, a fine febbraio o inizio marzo potremmo essere costretti a razionare il gas.

E intanto l’industria soffre

Oltre alla ceramica, tutti i settori energivori vedono nero: vetrerie, cartiere, acciaierie, meccanica, alimentare. Anche perché oltre alla spada di Damocle dei razionamenti e al caro bollette che ha portato aumenti insostenibili, ora c’è anche la grana dei contratti: l’inizio del nuovo anno termico vede centinaia di aziende manifatturiere medio-grandi (e chissà quante Pmi) senza un contratto ufficiale in quanto il vecchio fornitore non lo ha voluto rinnovare. Saranno costrette a ricorrere al fornitore di ultima istanza assegnato dall’authority per l’energia, e il gas lo pagheranno di più.

La continuità produttiva è sempre più a rischio per molti, troppi. Per il presidente degli industriali Carlo Bonomi:

La crisi del conflitto in Ucraina ha accelerato il tema di politica energetica che l’Europa non ha mai voluto affrontare. Tutto ciò si somma a errori commessi dall’Italia.

Sul fonte dei prezzi:

Quel che serve è un tetto al prezzo del gas. Caro bollette e crisi energetica vengono da lontano, e il tetto al prezzo del gas, se non viene stabilito a livello europeo, va fatto a livello nazionale. Portogallo e Spagna, che l’hanno già applicato, pagano la metà in energia rispetto all’Italia, dove il costo è tra i più alti in Europa.

Conclude Bonomi.

Qualcosa si muove a livello di aiuti, i prezzi sembrano rallentare, ma non basta. La Cna – che pure vede a rischio chiusura il 15% delle imprese causa i rincari energetici – giudica in modo positivo l’ampliamento della platea di imprese che potranno beneficiare del credito di imposta sulla spesa energetica, contenuto nel DL Aiuti ter approvato dal Governo, per rispondere alla crescita insostenibile delle bollette. Il provvedimento copre i mesi di ottobre e novembre ed è prevedibile che saranno necessari altri interventi.

Allarme anche nei campi

Le imprese agricole non sono assolutamente in grado di assorbire ulteriori aumenti dei costi energetici. – afferma Confagricoltura – Senza il blocco del prezzo del gas e nuove misure a supporto della liquidità molti imprenditori saranno costretti a ridurre o sospendere l’attività.

Secondo i dati diffusi da Ismea, i costi di produzione dell’agricoltura nei primi tre mesi di quest’anno sono aumentati di oltre il 18%.

Soffre anche il commercio

Secondo Confcommercio, da qui ai primi sei mesi del 2023 sono a rischio circa 120mila imprese del terziario e 370mila posti di lavoro. Tra i settori più esposti ai rincari energetici, il commercio al dettaglio, in particolare la distribuzione tradizionale e moderna del settore alimentare, la ristorazione, la filiera turistica, i trasporti. Complessivamente, la spesa in energia per i comparti del terziario nel 2022 ammonterà a 33 miliardi, il triplo rispetto al 2021.