Inchieste

“Non sopravanzare diritti acquisiti con il lavoro”

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di Alessandro Luongo

Giuseppe Di Taranto, professore emerito di Storia delleconomia alla Luiss: le aste balneari rappresentano la fine di un mondo o loccasione per modernizzare un comparto che si tramanda di generazione in generazione, come i clienti stessi?

Farei anzitutto un’osservazione. L’heritage, il patrimonio storico, la brand identity sono caratteristiche peculiari del made in Italy e del successo non solo del nostro modello di sviluppo ma anche della attrattività del tesoro artistico, culturale e naturale della nostra penisola, di cui 15 regioni su 20 sono bagnate dal mare. L’Italia possiede circa il 35% delle coste balneabili dell’intera Europa, oltre il 90% di acque classificate eccellenti e un altro 5% considerato buono secondo la valutazione stabilita dalle direttive europee. Una concessione balneare, di fatto, dovrebbe rappresentare un asset aziendale realizzato da un management la cui specializzazione è anche in relazione alla durata dell’esperienza realizzata in quell’impresa, che ne va a formare nel tempo proprio l’heritage, il patrimonio storico e la brand identity che si tramandano attraverso il passaggio generazionale.

Il ministero delle Infrastrutture farà la mappatura delle concessioni per dimostrare che in Italia la risorsa spiaggia a disposizione per nuove concessioni non manca. In questi casi la Bolkestein non si applicherebbe. Che ne pensa?

Questa potrebbe essere parte della soluzione del problema. La mappatura permetterebbe di stabilire la quota di spiagge per balneazione non ancora in concessione e la rimanente il cui valore è la risultante di investimenti già realizzati o da realizzare. Le ragioni del mercato e la minaccia di sanzioni per comportamenti contro il principio di libera concorrenza non possono sopravanzare i diritti acquisiti attraverso il lavoro di anni, il miglioramento dei litorali, la sana imprenditorialità di un capitalismo tutto italiano fondato e forgiato da imprese soprattutto familiari. Relativamente all’applicazione di sanzioni, sarebbe opportuno rilevare quante volte sono state realmente eseguite, più che minacciate, dagli inizi degli anni 2000, quando furono Francia e Germania a violare regole molto più importanti, quali il Patto di stabilità e crescita, e ricordare che la Germania, dall’introduzione dell’euro e almeno fino al 2017 – come dichiarò Roland Berger uno dei consiglieri dell’allora governo Merkel – violò per ben 165 volte le regole del Trattato di Maastricht. Più che minacciare sanzioni, sarebbe opportuno convertire a fini solidaristici, invece che egoistici, l’attività delle lobbies dell’Unione europea, molto forti nella rappresentanza dei Paesi del Nord e poco strutturate e incisive da parte di quelli del Sud.

Il governo pare intenzionato a proporre a Bruxelles il doppio binario: le concessioni esistenti prima del 2010 sarebbero prolungate a lungo per il principio del legittimo affidamento; quelle successive, andrebbero allasta secondo indicazioni europee. Se la Ue bocciasse anche questidea, lesecutivo sarebbe intenzionato a far valere gli atti formali usati dal Veneto e dalla Toscana: chi ha fatto nuovi investimenti sulla sua concessione, otterrebbe così un rinnovo per il periodo di ammortamento che va da 6 a 20 anni…

Queste proposte possono essere una buona base di contrattazione con Bruxelles. A mio avviso, però, sono condizione necessaria ma non sufficiente. Per lo stesso principio libero concorrenziale – tanto esaltato e reiterato dalla Ue ma poco applicato e rispettato, come mostra l’esistenza di paradisi fiscali quali i Paesi Bassi al suo interno – la mappatura dei siti balneari deve essere eseguita nell’intera Unione europea per individuare le aree, non solo italiane, da dare in concessione. Una direttiva deve riguardare tutti i Paesi, evitando condizioni applicative che possano tramutarsi in veri e propri vantaggi, come accade per la Spagna, dove a partire dal 2012 le concessioni hanno una durata di oltre settant’anni.

Ci si chiede, a questo punto, perché lEuropa vuol far valere la Direttiva Concorrenza ai balneari ma non ha mai pensato di applicarla alle concessioni autostradali, commercio, web e prenotazioni online. Ricordiamo che in questo comparto sono coinvolti 30 mila operatori.

Perché anche per quanto riguarda il regime di libera concorrenza, si è trattato di una delle tante promesse da parte dell’Unione europea che poi si sono rivelate soltanto delle false premesse. È opportuno ricordare, in proposito, che fu proprio Frits Bolkestein a dichiarare che l’omonima direttiva di cui era autore non sarebbe mai stata applicata alle concessioni balneari italiane”.