Inchieste

Salari nell’Eurozona: Italia sotto la media

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di Laura Siviero

Accelerano i salari nel 2022 in sei delle principali economie dell’Eurozona, tra cui l’Italia, con un tasso di crescita medio ponderato del 5,2% su base annua a ottobre, più di tre volte rispetto al dato pre-pandemia.

È quanto emerge da «Wage growth in euro area countries: evidence from job ads», l’Economic Letter pubblicata dalla Banca centrale d’Irlanda, in collaborazione con Indeed, uno dei portali maggiormente accreditati per la ricerca di lavoro: per i singoli Paesi la crescita è stata più alta in Germania (7,1%), seguita da Francia (5%), Irlanda (4,7%), Italia (4,2%), Paesi Bassi (4,0%) e Spagna (3,5%). Fuori dell’Eurozona la Gran Bretagna segna +6,2%.

Il documento segnala, inoltre, che da inizio anno fino a ottobre, sei categorie professionali su 10 hanno registrato una crescita dei salari superiore al 3%: in testa quelle che forniscono servizi sociali e alla comunità (8,9%), gli addetti ai servizi igienico-sanitari (8,1%) e le professioni impegnate nella preparazione e distribuzione di alimentari (7,9%). Tuttavia le prospettive vedono una frenata delle assunzioni e dei salari, vista la fase di incertezza che stiamo attraversando.

Nonostante questo rimbalzo, i salari italiani restano i più bassi d’Europa. La retribuzione media, a parità di potere d’acquisto tra tutti i Paesi del mondo, da noi è poco superiore alla soglia dei 35mila euro, mentre la media Ocse è sopra i 46mila euro. È quanto emerge dal Global Wage Report 2022-2023 pubblicato dall’Ilo,Organizzazione internazionale del Lavoro.

«In Italia gli stipendi sono bassi – analizza Raffaella Sadun, professore ad Harvard e advisor del governo italiano sotto Mario Draghi – mancano la concorrenza e la capacità di riconoscere il talento per le fasce più alte dei manager. Poi c’è un problema di bassa produttività delle imprese, che concorre a determinare salari ridotti». Sadun ha lavorato sul Pnrr per colmare il gap tra offerta delle aziende e livello di formazione dei lavoratori. «Una delle sfide è riuscire ad aumentare la capacità organizzativa ed esecutiva della Pubblica amministrazione e integrare il privato a fare parte di questo processo. Definire bene i profili professionali e, solo dopo, provvedere a formare gli studenti. Bisogna anche rendere più interessanti certi lavori, talvolta anche per profili più bassi la retribuzione non è interessante. In altri casi invece sono proprio le persone a non volersi mettere in discussione. Gli Its dovrebbero aiutare a colmare la domanda».