Inchieste

Salvini al Settimanale: “Per famiglie e imprese subito aiuti per 30 miliardi”

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di Claudio Brachino

Segretario, non ci vogliono i sondaggisti per capire che il tema principale di questo momento storico e di questa campagna elettorale è il caro energia. Cosa intende fare da un lato per le persone e le famiglie, dall’altro per le imprese, soprattutto le Pmi, che rischiano di chiudere?
«Era il 12 gennaio, prima ancora dello scoppio della guerra, quando cercai di sollevare l’attenzione sul pericolo. Illustrai la contrazione del mercato, i primi rincari delle bollette per le imprese. Chiesi provvedimenti: misure economiche urgenti, via libera a rigassificatori e – in prospettiva, per risolvere il problema strutturalmente – nucleare di ultima generazione… Purtroppo le reazioni di Letta e compagnia furono la solita alzata di spalle condita da qualche risolino sarcastico. Ed eccoci qua, nove mesi dopo, a parlare di razionamento invernale. Vorrà dire che metteremo noi i fondi necessari per aiutare famiglie e imprese: servono subito almeno 30 miliardi, per evitare di spenderne almeno il triplo nei prossimi mesi per pagare cassa integrazione e disoccupazione. Non solo, introdurremo anche la tassazione degli extra profitti, la proroga immediata  degli sconti su carburanti e bollette in scadenza a settembre, la semplificazione di tutti gli strumenti già attivi per ottenere sconti e dilazione dei pagamenti a vantaggio delle famiglie.
«Provvedimenti emergenziali e necessari, a cui si accompagnerà l’impegno per lo sfruttamento di nuovi giacimenti di gas, senza dimenticare il potenziamento e la costruzione di nuovi termovalorizzatori. In questo quadro, a livello europeo chiederemo una revisione delle politiche su Green Deal e un Pnrr sull’energia per aiutare famiglie e imprese».

Un po’ di perché. Perché non si riesce a stabilire un tetto europeo al prezzo del gas, perché il prezzo deve essere fatto sulla piazza di Amsterdam con il rischio evidente di speculazioni, perché lasciamo il gas dell’Adriatico ai croati?
«Sull’ultima questione dipende che Italia vogliamo. L’Italia dei “No” è quella che ci ha portato dove siamo ora, a un passo dal baratro. L’Italia in cui credo è quella dei “Sì”: sì alle trivelle, al rigassificatore, alle infrastrutture, all’Alta Velocità, al Ponte sullo Stretto… È il nostro approccio pragmatico, che come spieghiamo nel programma elettorale unisce rispetto dell’ambiente e progresso: vanno sfruttati subito tutti gli altri giacimenti di gas e quelli già esistenti. Folle regalare il nostro gas ai croati. Quanto al quadro internazionale, già prima delle due grandi crisi, guerra e pandemia, la prevalenza del mercato finanziario sul benessere delle popolazioni aveva rivelato le sue crepe. Ora è chiaro che non si può trasformare tutto in un mercato senza regole, così come abbiamo imparato  che nessun algoritmo può sostituire il primato dell’uomo, e dunque della politica. Il tetto al prezzo del gas, così come il suo svincolamento dal mercato dell’energia, rappresentano decisioni politiche. Che richiedono un lavoro politico. Per questo gli italiani votano, altrimenti… perché?».

Da anni gli italiani, e le imprese, aspettano una riforma più equa e più giusta del fisco. Se andrete al governo, in che forma e in quale percentuale applicherete la flat tax? E i benefici quali saranno?
«Il primo passo sarà quello di estendere la flat tax che già esiste per le partite Iva dai 65mila euro attuali ai 100mila euro annui. Dopodiché applicheremo l’aliquota unica alle famiglie, con un sistema di detrazioni che favorisca la natalità, fino a 70mila euro per le famiglie con due stipendi. I benefici sono presto detti: più soldi in tasca degli italiani significa più consumi, quindi più produzione e più lavoro. Dare il potere alla società e non allo stato, questo è l’ordine delle società sane e libere.

Altro suo cavallo di battaglia, capitolo pensioni, l’abolizione della riforma Fornero. Qual è la vostra riforma organica e cosa risponde a chi sostiene che le sue idee siano non sostenibili economicamente?
«Quota cento ha permesso a moltissime famiglie di riconquistare diritti, serenità e futuro. Donne e uomini che, dopo una vita di sacrifici, hanno potuto dedicarsi a fare i nonni, lasciando spazio ai giovani nel mondo del lavoro. Lo stesso contiamo di fare con quota 41. Un provvedimento doveroso: anche i sindacati ne sostengono la sostenibilità economica nonché l’evidente equità sociale».

Sicurezza, o meglio in-sicurezza. La sensazione è che dopo due anni di macrotemi come pandemia e guerra, l’attenzione politica alla criminalità si sia abbassata, che le nostre città ma anche la nostra provincia, siano diventate violente: coltelli, gang, stupri, morire per uno sguardo di troppo. È soprattutto immigrazione clandestina o c’è anche dell’altro: disagio, povertà, emarginazione?
«L’immigrazione selvaggia è certamente uno dei fattori scatenanti dei crimini e della violenza. Non esistono ricette miracolose per rimettere ordine, ma cosa occorre fare lo so bene. Più uomini e risorse per le forze dell’ordine, ma non solo: anche più rispetto per gli uomini e le donne che difendono la nostra serenità. A questo si devono aggiungere regole più semplici e procedure normative più efficaci: chi infrange la legge deve sapere che pagherà il conto con la giustizia».

Parliamo di immigrazione-immigrazione. Quattro anni dopo la campagna del 2018, quella che la portò al ministero dell’Interno, la situazione qual è?
«Sono appena stato a Lampedusa e ho toccato con mano una situazione drammatica, come non si vedeva da anni. Il confronto numerico tra la gestione dei 14 mesi in cui ho avuto l’onore di ricoprire la carica di ministro dell’Interno e la situazione attuale è impietoso. A fine estate 2022 gli sbarchi hanno già sfondato quota 50mila. Un esodo in piena regola, cui purtroppo l’attuale ministro Lamorgese ha opposto una sconcertante inattività, sia nel contrasto degli sconfinamenti, sia nello scongiurare le partenze in accordo con i governi del Nord Africa. C’è chi dice che si tratta di un flusso inarrestabile: in 14 mesi ho dimostrato che fermare gli sbarchi si può e si deve. La ricompensa? Una accusa per sequestro di persona che sto affrontando a testa alta nelle aule di tribunale, unico politico in Italia e in Europa a essere sotto processo per avere contrastato i trafficanti di esseri umani. Ma non me ne lamento. La coerenza, quella vera, ha sempre un prezzo».

Tornerà al Viminale e semmai con quale approccio?
«Decideranno gli italiani. Sappiamo cosa fare e come farlo. Difesa dei confini, lotta al degrado, alla droga, contrasto alla grande e piccola criminalità, che poi rappresentano due facce della stessa medaglia: la squadra della Lega sa cosa fare. E come farlo».

Ogni leader si è scelto una parola o uno slogan simbolo. Lei ha scelto “Credo”, che io interpreto non in senso religioso ma in senso politico come lo straordinario “I can di Obama”. Sintetizzo: se ci si crede si può davvero fare tutto, si può vivere in un mondo migliore?
«Certamente! Senza lo slancio a cambiare in meglio la società la politica avvizzisce, diventa gestione dall’ordinario, burocrazia, stagnazione. Al contrario, credere negli italiani vuol dire nutrire la consapevolezza di essere un grande Paese, fatto di persone appassionate, di giovani, famiglie, imprese che hanno dimostrato di saper attraversare ogni avversità. Credere in loro significa una politica che non pretende di cambiare le persone, né di complicare tutto con mille regole assurde, ma che  si concentra su ciò che deve fare. Semplificare, creare spazi, dare velocità, indicare un orizzonte nuovo. Il futuro, finalmente. Quello che meritiamo è che conquisteremo, per noi e per i nostri figli».