La Settimana Internazionale

Fare impresa in Amazzonia con la biodiversità

Scritto il

La Cop27 ha chiuso i lavori con ben pochi passi avanti, come era prevedibile. L’unica scossa è stato l’arrivo (con aereo privato) a Sharm-el-Sheikh di Luiz Inácio Lula Da Silva, dal primo gennaio 2023 presidente del Brasile per la terza volta: accolto come una rockstar, ha annunciato come il Brasile sia pronto ad assumere un ruolo primario «nella lotta globale al cambiamento climatico» lavorando alla «riconquista» dell’Amazzonia come area essenziale per la vita di tutti nel Pianeta.

Proprio lì, nelle grande foresta, al centro dell’Amazônia Legal, vive e lavora da oltre vent’anni Emanuela Evangelista, biologa romana, insignita nel 2019 dal Presidente Mattarella della carica di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. L’abbiamo incontrata.

Lula ha riportato lAmazzonia al centro dellattenzione mediatica, annunciando un ministero specifico per i popoli originari e prenotando la Cop del 2025 nella foresta. Come la vedi?

Ha usato una parola chiave, speranza. La sua presidenza riapre nuove speranze in un momento in cui l’Amazzonia è seriamente compromessa. Il tasso di deforestazione è molto più alto di quello che Lula lasciò nel 2010. Il neo presidente parte svantaggiato, ha fatto quello che doveva: chiedere l’appoggio internazionale, che non significa discutere la sovranità nazionale sulla foresta, ma ribadire che il resto del mondo ha un debito ambientale verso l’Amazzonia e tutti quei paesi che hanno ancora foreste tropicali. Soprattutto, ha una responsabilità anche attuale e diretta in questa distruzione. Stiamo parlando di un bioma che offre benefici al pianeta intero e il costo di questa protezione non può rimanere soltanto del Brasile.

Un problema infatti che riguarda tutte le foreste pluviali del mondo.

Certo, in ogni angolo del pianeta si deforesta per sostituire gli alberi con prodotti richiesti a livello internazionale. Ancora oggi i driver della deforestazione sono l’espansione agricola (la soia è importata dal nostro mercato europeo o cinese, usata per allevare il bestiame) e gli allevamenti estensivi.

Abiti nel cuore dellAmazzonia?

Sì, in una regione ancora incontaminata. Manaus dista 400 chilometri dalla comunità dello Xixuau, dove vivo, che è inclusa nel parco dello Jauaperi, un’area grande quasi come la Corsica, dove abitano 1500 persone. Lo Xixuau non è un’eccezione: ci sono tante zone così in Amazzonia. Esiste ancora tanta foresta in piedi che va protetta!

Negli anni della presidenza Bolsonaro la deforestazione è aumentata del 73 per cento, confermi?

Sono le percentuali fornite dall’Inpe, Istituto nazionale di ricerche spaziali, dati che annualmente vengono raccolti da diversi satelliti brasiliani. Ci dicono che il fenomeno della deforestazione è molto spesso illegale, non dipende da un sistema di governo ma da tutta una serie di fattori che si combinano insieme, non ultimo la povertà. La deforestazione esiste perché crea posti di lavoro, economia, non voglio giustificarla ma giustifico il movente.

Si può creare uneconomia virtuosa senza deforestare?

Si può e si deve. Esistono tanti esempi. Le popolazioni tradizionali che vivono nella foresta sono tante e variegate, ci sono quelle indigene, poi i ribeirinhos, risultato della colonizzazione europea, e gli africani. Ci sono popoli che abitano queste regioni da millenni. Tutti hanno una vita che comunque li mette in relazione costante con la comunità urbana. Continuano ad avere un rapporto armonico con la natura però si confrontano con le realtà urbane, i loro figli vanno a scuola e questo già significa tanto. Quindi si creano inevitabilmente delle micro economie. Dove c’è deforestazione e avanza l’agro business, difficilmente le popolazioni tradizionali riescono a trovare lavoro, ad avere benefici economici, vengono allontanate. Bisogna pensare a un’economia ritagliata per loro.

Ovvero?

Intanto fare bioeconomia, capire che quella foresta, in piedi, ha un potenziale economico enorme, perché è ricca di prodotti non legnosi. Pensiamo ai fitoterapici, ai farmaci che vengono elaborati dalle piante, ai frutti, alle fibre, alle liane che in alcune regione stanno già portando ricavi molto superiori a quelli dell’agrobusiness addirittura di cento volte. Un altro esempio è la bellezza. Nello Xixuaú abbiamo progetti di ecoturismo: lavoriamo con le comunità locali.

Nascono microimprese?

Ti parlo dello Jauaperi: abbiamo aiutato la popolazione locale a creare un cooperativa con membri che vivono nelle tante comunità del parco, lavorano insieme nel turismo di base comunitario e nella raccolta e vendita di prodotti locali. È una piccola impresa che genera un reddito diretto per i propri membri e indotto indiretto per altre persone.

La popolazione ha coscienza di vivere in un luogo dove leconomia ambientale è possibile?

Gli esempi di cui parlavo sono, appunto, esempi e sono puntuali. Quando parliamo di Amazzonia brasiliana dobbiamo pensare a 30 milioni di persone che vivono in condizione di estrema povertà, più della metà addirittura sotto la soglia della povertà. Il credere alle promesse e alla possibilità di sviluppo dipende anche da quanto saremo capaci di portare davvero sviluppo. Tutti insieme perché è la loro terra, la loro conoscenza. Hanno bisogno del nostro aiuto economico per intraprendere iniziative. In alcune regioni il problema non è la deforestazione ma il degrado: la foresta viene regolarmente impoverita delle sue risorse naturali e contribuiscono anche le popolazioni locali in mancanza di alternative. Si tratta sempre di lotta alla povertà.