La Settimana Internazionale

Il dietrofront della Gb sui tagli fiscali e la lezione sulle coperture

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di Attilio Geroni

Con una certa disinvoltura, e una tendenza a minimizzare, la premier britannica Liz Truss e il cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng hanno compiuto una clamorosa marcia indietro sul piano di tagli fiscali che aveva innescato una crisi senza precedenti sui mercati, mandando a picco la sterlina e facendo impennare i rendimenti dei titoli di Stato. Un disastro sotto ogni punto di vista – economico, finanziario, politico e di comunicazione – da parte di un Governo che non sembra essere affatto migliore di quello che lo ha preceduto.

Il piano era stato presentato senza una credibile copertura, senza previsioni di crescita e inflazione, di entrate e uscite. E soprattutto senza il tradizionale documento dell’Office for Budget Responsability (OBR) che è il guardiano della sostenibilità dei conti pubblici.

Le tubolenze dell’Uk

Questo appuntamento, originariamente fissato per il 23 novembre, sarà probabilmente anticipato perché se i mercati hanno tirato un sospiro di sollievo per la decisione di ripristinare l’aliquota marginale sul reddito, le argomentazioni di Kwarteng e della stessa Truss non sono apparse solidissime. La volontà di ridurre il carico fiscale, ha detto il cancelliere, rimane, compresa la riduzione dell’imposta di bollo sull’acquisto degli immobili.

Il ritorno dell’aliquota al 45% riduce le uscite soltanto di due miliardi per cui resta ancora un “mistero” come il premier e il ministro delle Finanze intendano reperire i 40 e oltre miliardi di sterline del piano complessivo senza penalizzare capitoli di spesa del welfare, come la sanità, già messi a dura prova.

Abbiamo avuto un po’ di turbolenze.

Ha detto Kwarteng al Congresso del Partito conservatore, sottolineando come l’importante, ora, sia andare avanti a dare la spinta necessaria alla crescita economica. Le turbolenze, come le chiama il cancelliere dello Scacchiere, hanno quasi causato una crisi sistemica, costringendo la Banca d’Inghilterra (BoE) a intervenire sul mercato dei titoli di Stato attraverso un Quantitative Easing concentrato sulla parte a lungo termine della curva dei rendimenti, operazione di acquisto che andrà avanti almeno fino al 14 ottobre. Le turbolenze, come le ha definite Kwarteng, sono state in realtà un segnale pericolosissimo di minaccia alla stabilità finanziaria.

L’impennata dei rendimenti sui bond governativi inglesi, i gilt, saliti dal 3,5 al 5%, avevano innescato un’ondata di margin calls che rischiava di travolgere molti fondi pensione, che li hanno in portafoglio come collaterali sugli investimenti in derivati per un controvalore di circa 1.500 miliardi di sterline. Il crollo dei prezzi si è dunque tradotto in un rischio sistemico, poi attenuato dall’intervento della BoE che ha ristabilito un livello normale dei prezzi, almeno nella parte a lungo termine della curva dei tassi.

Questo il biglietto da visita del nuovo Governo inglese, che ora sarà costretto a fare quello che avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, senza le fughe in avanti da “bing bang” thatcheriano: non un mini-budget improvvisato e la scommessa di un piano finanziato da indebitamento.

Il futuro del governo inglese

Oltre a quella di Truss e Kwarten, a essere messa nuovamente in discussione è la credibilità dell’intero Partito conservatore. La marcia indietro sui tagli fiscali ai redditi più elevati è stata dovuta anche alle pressioni di molti esponenti dei Tory, che cominciano a sentire nei sondaggi il fiato sul collo dei Laburisti. In molte rilevazioni il partito guidato da Keir Starmer ha ormai un vantaggio di oltre 10 punti sui conservatori.

Per essere sicuri che l’allarme sia rientrato bisognerà attendere i prossimi giorni e vedere che cosa succederà dopo il 14 ottobre, quando finirà il Quantitative easing straordinario della Banca d’Inghilterra. Il governo farà comunque fatica a ricostruire la propria credibilità nel momento in cui è chiamata a varare anche un piano di aiuti – pure questo molto ambizioso sulla carta – contro la crisi energetica con l’obiettivo di limitare a 2.500 sterline all’anno la bolletta di una famiglia media.