La Settimana Internazionale

Il Qatargate e la rivincita anti-Ue dei sovranisti

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di Attilio Geroni

È pericoloso per la credibilità delle istituzioni europee lo scandalo di corruzione emerso in questi giorni. Perquisizioni in decine di uffici, arresti, sequestro di contante per un milione e mezzo di euro: il caso della vicepresidente dell’Europarlamento Eva Kaili, accusata di aver ricevuto tangenti dalle autorità governative del Qatar, scopre il fianco dell’Unione a chi è sempre pronto a criticarla, anche in mancanza di fatti clamorosi come questo.

Gli anti-europeisti e sovranisti vedranno una istituzione sempre pronta a fare la morale agli altri, come nel caso dell’Ungheria e della Polonia, Paesi accusati di ripetute violazioni dello stato di diritto. Altri osserveranno semplicemente che le burocrazie di Bruxelles (e di Strasburgo, altra sede dell’Europarlamento) oltre a essere inefficienti, sono corrotte. Altri ancora si concentreranno sul colore politico della vicenda, visto che finora ad essere stati coinvolti nello scandalo sono rappresentanti del gruppo parlamentare Socialisti & Democratici (S&D).

Il problema è: quanto corrotte? L’affaire Kaili ha mostrato un sistema di controlli interni completamente inadeguato. Nemmeno esiste un registro dove gli incontri tra esponenti delle istituzioni europee e rappresentanti di Stati terzi possano essere resi pubblici.

Ci sarà poi da capire quanto l’inchiesta, condotta dal procuratore di Bruxelles, Michel Claise, possa essere circoscritta a un gruppo limitato di funzionari oppure sia solo la punta dell’iceberg e quanto episodi del genere siano in realtà molto diffusi poiché sono ancora poco trasparenti le norme che definiscono i rapporti tra le istituzioni Ue e le varie lobby.

Il Qatar, ad esempio, sembrava vicino ad ottenere da parte dell’Unione la possibilità di ottenere l’abolizione del visto fino a un massimo di 90 giorni per la circolazione dei suoi cittadini nei Ventisette.

Lo scandalo interromperà questo processo, per il quale si era spesa la vicepresidente dell’Europarlamento, mentre l’attenzione si sposta anche sul vicepresidente della Commissione, il greco Margaritis Schinas, che ha rappresentato l’Esecutivo Ue alla cerimonia inaugurale dei Mondiali in Qatar e che di recente ha avuto parole di apprezzamento nei confronti delle riforme del mercato del lavoro nell’Emirato.

L’attuale database dei lobbisti a Bruxelles conta oltre 12mila iscritti. Circa la metà è composta da rappresentanti di aziende e gruppi d’interesse, associazioni imprenditoriali, commerciali e sindacali, 3.400 sono invece le organizzazioni non governative mentre altri entità registrate sono consulenti, istituti di ricerca, associazioni religiose e rappresentanti di autorità locali, municipali o regionali. Per quanto riguarda invece i rappresentanti di Paesi terzi non esiste ancora l’obbligo di registrazione e quindi la maggior parte degli incontri con i funzionari europei avviene senza lasciare traccia.

La vicenda porterà sicuramente a modifiche profonde nelle attività di monitoraggio dei gruppi di pressione, ma nel frattempo chi tradizionalmente ha sempre attaccato l’Unione ritenendola spesso colpevole di aver usato un doppio standard nel fare la morale a Paesi terzi, avrà gioco facile a criticarla strumentalmente. Le voci populiste si faranno sentire ancora più forti sulle questione relative alle sanzioni nei confronti di Paesi autocratici come la Russia e l’Iran.

O più semplicemente invocheranno il doppiopesismo quando dovranno essere trattenuti i fondi Ue (è accaduto in questi giorni con 6,35 miliardi di coesione bloccati all’Ungheria) per violazione dello stato di diritto nei Paesi membri. Non c’è mai un buon momento perché uno scandalo venga alla luce, ma questo, che vede Bruxelles impegnata su molti fronti anche come autorità morale a difesa dei diritti umani laddove questi diritti vengono negati, è un momento pessimo perché ne intacca la reputazione fornendo facili argomenti a chi ha sempre voluto indebolire le istituzioni europee.