La Settimana Internazionale

La Polonia rafforza la Difesa e irrita l’Europa

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a cura di Attilio Geroni

L’invasione russa dell’Ucraina sta accrescendo il ruolo strategico della Polonia sul piano militare. Una veste che fa sempre comodo all’Amministrazione americana, che con Varsavia ha rapporti storicamente molto buoni a prescindere dal colore politico del presidente, e ovviamente non dispiace alla Germania.

Il Governo ultraconservatore polacco ha un piano di rafforzamento nella Difesa, ha scritto Politico.eu, tale che il suo esercito nei prossimi anni diventerà uno degli eserciti più potenti d’Europa.

Rapporti Usa – Polonia

Donald Trump quando era alla Casa Bianca e tuonava contro gli alleati europei che non spendevano abbastanza in difesa, in molti casi essendo al di sotto della soglia raccomandata dalla Nato (2% del Pil), aveva invece parole di elogio nei confronti della Polonia, la cui spesa era già oltre quella soglia. Era così entusiasta, Trump, da voler costruire una nuova base militare sul territorio polacco con una imponente presenza di soldati americani. Il progetto fallì per un disaccordo sulla condivisione dei costi, ma i rapporti tra i due Paesi si sono mantenuti relativamente buoni anche con Joe Biden, rinsaldati dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Varsavia è in prima linea nel sostegno – politico, militare e umanitario – a Kiev. In termini assoluti è il terzo fornitore di aiuti militari, dopo Stati Uniti e Regno Unito, con 1,8 miliardi di dollari (dati al 3 ottobre dell’istituto IfW di Kiel).

La Polonia è ormai il nostro più importante partner nell’Europa continentale.

Ha dichiarato a Politico.eu un alto esponente militare americano impegnato sul territorio europeo.

La Polonia spinge sulla spesa militare

Così, mentre Berlino continua a lacerarsi sulla Zeitenwende, la svolta epocale proclamata dal cancelliere Olaf Scholz pochi giorni dopo l’attacco russo all’Ucraina anche nel settore della Difesa, Varsavia da tempo è passata ai fatti investendo massicciamente nel rafforzamento dell’apparato militare: la storia e la geografia hanno fugato eventuali dubbi residui. L’obiettivo del Governo guidato dal premier Mateusz Morawiecki è di portare la spesa militare dall’attuale 2,5 al 5% del Prodotto interno lordo e arrivare a un esercito di 300mila effettivi entro il 2035 (a titolo di confronto la Germania oggi ne ha 170mila).

Nel 2020 la Polonia firmò un accordo da 4,6 miliardi di dollari per 32 caccia da combattimento americani F35, la primavera scorsa è stata la volta di un contratto da 4,9 miliardi di euro, sempre con gli americani, per 250 carri armati Abrams.

Il grosso dell’ammodernamento, però, circa 12 miliardi di dollari, sta avvenendo con la Corea del Sud, che di recente ha fornito armamenti di ogni genere: carri armati, aerei leggeri da combattimento, obici e lanciarazzi.

Le preoccupazioni dell’Europa

Il ricorso ad acquisti americani e coreani dà certo fastidio a molti produttori europei, in particolare all’industria francese della difesa, ma si sa che i rapporti tra Polonia e resto dell’Unione sono sempre problematici a causa della violazione dello Stato di diritto da parte di Varsavia in materia di riforma della giustizia.

L’altra preoccupazione è legata all’impatto che questa ingente spesa militare, sommata a quella per attenuare i contraccolpi del caro energia e ancora prima alle misure anti-covid sul piano economico e sociale, sta avendo sui conti pubblici. Un economista su Twitter, Philip Pilkington, ha evocato addirittura uno scenario turco o argentino citando l’elevato deficit corrente (5% del Pil previsto a fine 2022), il deprezzamento dello zloty (12% da inizio anno) e un’inflazione elevata.

Qualche rischio c’è, ovviamente, la dinamica dei conti con l’estero della Polonia «è destinata a deteriorarsi ulteriormente nel 2022-2023» e va monitorata attentamente, come suggerisce un recente report di Allianz Trade. La causa principale di questo deterioramento è comunque legata all’aumento dei prezzi dell’import di prodotti energetici e alimentari e la Polonia mantiene una buona attrattività come destinazione di investimenti diretti dall’estero.