La Settimana Internazionale

Materie prime: l’autarchia UE

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di Lorenzo Consoli

Produrre nei Paesi Ue almeno il 40% di quanto è necessario al Green Deal, estrarre  almeno il 10% e raffinare almeno il 40%  delle materie primecritiche” utilizzate dall’industria europea, e poi recuperare almeno il 15% di questi materiali, con il riciclaggio alla fine del ciclo di vita dei prodotti. Inoltre, gli Stati membri dovranno fare tutto il possibile per evitare di essere dipendenti da un solo Paese per più del 65% dei propri approvvigionamenti. Sono gli obiettivi, da raggiungere entro il 2030, che la Commissione europea ha prospettato con i due regolamenti proposti il 16 marzo scorso, il “Critical Raw Materials Act”, sulla riduzione dell’eccessiva dipendenza da Paesi terzi delle catene di approvvigionamento, e il “Net-Zero Industry Act”, volto a sostenere e aumentare la capacità industriale dell’Ue nelle tecnologie verdi, necessarie per assicurare il raggiungimento della neutralità climatica (zero emissioni nette) nel 2050.

Le due proposte configurano un piano di politica industriale europeo, basato per di più su due regolamenti, che sono strumenti normativi dell’Ue vincolanti per gli Stati membri e di applicazione immediata e uniforme. Ma siccome il Trattato Ue non prevede la politica industriale tra le competenze condivise dagli Stati con l’Unione, gli obiettivi in realtà sono solo indicativi, come hanno riconosciuto chiaramente i commissari europei che hanno presentato le proposte alla stampa.

Tuttavia, il percorso verso gli obiettivi indicati verrà monitorato costantemente dalla Commissione, che presenterà delle relazioni triennali; e se verificherà un rischio che gli obiettivi non siano raggiunti entro la loro scadenza, l’Esecutivo comunitario valuterà la possibilità di esercitare i propri poteri per ricorrere a misure che ne assicurino il conseguimento.

Le due proposte, fondate sulla base giuridica del mercato unico, si concentrano sulle condizioni normative da predisporre per facilitare il raggiungimento degli obiettivi. Come ha spiegato il vicepresidente esecutivo della Commissione responsabile per il Green Deal, Frans Timmermans, bisogna evitare che si ripeta quello che è accaduto con i pannelli solari, che sono stati introdotti in Europa e incentivati dalle politiche ambientali dell’Ue, ma che oggi sono prodotti praticamente solo in Cina. Questo perché i produttori cinesi, sostenuti dai loro minori costi di produzione e dalla politica industriale dirigista di Pechino, hanno messo facilmente fuori gioco i concorrenti europei.

Le condizioni che la Commissione propone di migliorare sono soprattutto quelle relative ai tempi e ai modi di attuazione delle procedure amministrative di autorizzazione dei progetti industriali nel campo delle tecnologie verdi e dell’estrazione e raffinazione delle “materie prime critiche”. In questo caso, gli obiettivi che vengono posti sono effettivamente vincolanti, nel senso che possono dar luogo a procedure d’infrazione da parte dell’Esecutivo Ue  se gli Stati membri non li rispettano. Le procedure dovranno essere aggregate, quando ce ne sono di diverso tipo, in uno “sportello unico”, e completate entro scadenze molto più brevi rispetto a quanto accade oggi.

Le tecnologie che beneficeranno di queste migliori condizioni, elencate in una lista del regolamento sull’industria a “zero emissioni nette”, sono innanzitutto quelle utilizzate per le energie rinnovabili, per l’accumulo di elettricità e calore, per le pompe di calore, per la rete elettrica, per i  combustibili rinnovabili di origine non biologica, per combustibili alternativi sostenibili, per gli elettrolizzatori e le celle a combustibile. L’elenco continua poi con le tecnologie avanzate per produrre energia da processi nucleari con minimizzazione delle scorie, piccoli reattori modulari e relativi combustibili “best-in-class”, tecnologie per la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio, e tecnologie di efficienza energetica relative al sistema energetico. In generale, per i progetti relativi a queste tecnologie il tempo massimo per ottenere l’autorizzazione dovrà essere ridotto a 12 mesi per i progetti di meno di 1 Gigawatt, e a 18 mesi per quelli superiori a questa soglia

Ma il regolamento individua anche, nell’ambito di questo elenco, una serie di tecnologie considerate particolarmente “strategiche” per la transizione verde: solare termico e fotovoltaico, eolico, batterie e accumulatori, pompe di calore ed energia geotermica, elettrolizzatori e celle a combustibile, biogas e biometano, cattura e stoccaggio del carbonio, tecnologie per la rete elettrica. Ai progetti relativi alle tecnologie di questa sottolista, gli Stati membri potranno concedere lo status di priorità, come “progetti strategici a zero emissioni nette”, considerandoli “di interesse pubblico prevalente”. In questi casi, le scadenze per l’autorizzazione dovranno essere ancora più brevi: nove o 12 mesi a seconda che i progetti siano sotto o sopra la soglia di 1 Gigawatt.

La Commissione nella sua proposta puntualizza che le autorizzazioni più rapide non dovranno compromettere l’integrità e la validità delle procedure previste per la valutazione dell’impatto ambientale, ma nel caso che i progetti siano stati definiti «di prevalente interesse pubblico», le autorità competenti dovranno considerare attentamente se considerare prioritario il progetto, anche quando ha conseguenze negative sull’ambiente (che comunque vanno minimizzate).

Anche nell’altro regolamento, sulle materie prime critiche, la Commissione propone procedure autorizzative più semplici e più rapide: massimo 24 mesi per i progetti strategici riguardanti attività di estrazione dei minerali (ma sempre rispettando le valutazioni d’impatto e le norme ambientali), e massimo 12 mesi per quelli riguardanti la raffinazione delle materie prime e il loro riciclaggio.