La Settimana Internazionale

Non solo genocidio: Kiev calcola i costi dell’ecocidio

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di Attilio Geroni 

L’invasione russa dell’Ucraina è un’immane tragedia a più dimensioni. Oltre al pesante tributo di vite umane, distruzione di città e Paesi e infrastrutture critiche per la sopravvivenza delle popolazioni, alla fuga di milioni di ucraini dalle loro case, dal loro Paese, esiste anche una dimensione ambientale e climatica che è stata messa in evidenza alla Cop27 di Sharm el-Sheikh.

Nonostante l’impegno del conflitto, il governo di Kiev è riuscito a mandare alla Conferenza in Egitto alcuni delegati che hanno illustrato con forza e toni drammatici la situazione sotto questo aspetto. I pesanti bombardamenti, i  movimenti di truppe e mezzi corazzati hanno inquinato profondamente aria, acqua e terra, uccidendo migliaia di persone e mettendo in ginocchio l’economia del Paese.

Svetlana Grynchuk, assistente del ministro dell’Ambiente di Kiev, ha messo in luce il legame tra invasione russa, l’impennata dei prezzi energetici (essendo Mosca un fornitore chiave di gas su scala mondiale) e le emissioni nocive sviluppate dall’offensiva militare. Un quinto delle aree ambientali protette in Ucraina sono state compromesse dalla guerra, con danni per la contaminazione di suolo precedentemente fertile pari a 11,4 miliardi di euro.

Questa non è solo una guerra – ha detto Grynchuk alla Cop27 – ma è terrorismo di Stato, un vero e proprio ecocidio.

La guerra causa un aumento esponenziale delle emissioni, il cui effetto si fa sentire in maniera pesante anche dopo che il conflitto è finito. Kiev stima che la ricostruzione delle città e delle industrie distrutte dai colpi dell’artiglieria e dai bombardamenti causerà ulteriori emissioni nocive di CO2 per 50 milioni di tonnellate.

«Le emissioni causate da mezzi militari in tempo di pace e di guerra sono rilevanti – ha dichiarato al Guardian Axel Michaelova, un economista che ha studiato l’impatto climatico dei conflitti – e in molti casi sono equivalenti a quelle di interi Paesi».

Lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo videomessaggio alla Conferenza ambientale ha sottolineato:

Non è possibile una vera e propria politica climatica senza una pace.

La delegazione ucraina ha inoltre auspicato un’accelerazione verso le energie rinnovabili, proprio per ridurre rapidamente la dipendenza energetica di molti Paesi europei da Mosca e togliere al regime di Vladimir Putin una delle più potenti armi di ricatto nei confronti dell’Occidente. Una visione condivisa pienamente dall’inviato dell’Amministrazione Biden per il clima, l’ex segretario di Stato John Kerry.

A differenza di quelli degli altri Paesi che partecipano alla Conferenza, il padiglione ucraino è volutamente cupo, spoglio, assomiglia più a un memoriale di guerra in pietra grigia. Appesi alle pareti e incorniciati, ci sono campioni di terreno sollevato dall’impatto di bombe e pezzi di artiglieria, un pezzo di quercia crivellato dai proiettili proveniente da Irpin, dove l’offensiva russa aveva causato la rottura di una diga allagando case, foreste e prati.

Svetlana Krakovska, una delle più famose esperte ucraine sul cambiamento climatico, ha evidenziato come sia crescente la consapevolezza che il carburante fossile non solo ha contribuito a finanziare la guerra di Putin, ma che questa dipendenza da gas e petrolio ha lasciato molti Paesi troppo esposti all’aumento dei prezzi energetici e dei prodotti alimentari.

Secondo l’esperta, le foreste ucraine che ha studiato in passato per valutare l’impatto del cambiamento climatico sono state in molti casi distrutte dalle bombe mentre molti terreni agricoli sono stati disseminati di mine. Un danno, ha sottolineato, paragonabile alla distruzione inflitta da uragani e alluvioni ai Paesi in via di sviluppo.

«Naturalmente – ha dichiarato sempre al Guardian – ci sono stati diversi tipi di distruzione, ma i combustibili fossili hanno causato il cambiamento climatico e sono anche responsabili di questa guerra. Prima dovremo occuparci della fine del conflitto, ma subito dopo dovremo fare in modo che questi combustibili diventino davvero fossili, appartengano cioè al passato».

Finora il conflitto ha portato all’emissione di gas responsabili dell’aumento dell’effetto serra pari a 33 milioni di tonnellate, ha dichiarato alla Cop27 il ministro ucraino per la Protezione dell’Ambiente Ruslan Strilets. Ciò equivale all’aggiunta di 16 milioni di nuovi veicoli in due anni sulle strade di un Paese industrializzato, come l’Inghilterra.

«La Russia – ha detto il ministro – ha trasformato le nostre risorse naturali in basi militari e sta cercando di accorciare i nostri e i vostri orizzonti. A causa di questa guerra, i nostri sforzi contro il cambiamento climatico dovranno essere ancora più intensi».

Kiev ritiene che Mosca debba essere ritenuta responsabile delle emissioni aggiuntive di CO2 che saranno necessarie per la ricostruzione. Finora le autorità di Kiev calcolano circa duemila “crimini ambientali” commessi dai militari russi, con un costo diretto di 37 miliardi di euro dovuto a distruzione di foreste, emissione di gas tossici e distruzione di acquedotti. In una delle città liberate, Kharkiv, gli ucraini hanno trovato settemila edifici residenziali distrutti che hanno generato 350mila metri cubi di macerie mentre per Kherson è ancora difficile fare una stima dei danni e dell’impatto ambientale dei combattimenti.