La Settimana Internazionale

Quella pace di convenienza tra Usa e Cina

Scritto il

di Attilio Geroni

L’importante è che si siano visti e abbiano parlato, a lungo. Stati Uniti e Cina tentano così di riannodare i fili di un dialogo che negli ultimi anni si era perso in un crescendo di tensione senza precedenti. Tra Xi Jinping e Joe Biden al G20 di Bali non c’è stata alcuna svolta, sia chiaro, ma i toni pacati e perfino la gestualità – in realtà importante almeno quanto le parole in queste occasioni – suggeriscono la volontà comune di voler in qualche modo congelare l’escalation.

Si riconosce che i due Paesi sono concorrenti, sul piano commerciale, tecnologico e anche nella Difesa, ma questa concorrenza non necessariamente deve gettare il resto del mondo nel panico:

I successi di Cina e Stati Uniti sono opportunità, e non sfide, per ognuno. Il mondo è abbastanza grande perché i due Paesi possano svilupparsi e prosperare assieme.

Questo, forse, il passaggio più significativo del resoconto da parte cinese.

Più breve, e apparentemente meno conciliante, la sintesi americana, che non risparmia alla controparte cinese l’accusa di pratiche «non conformi a un’economia di mercato che danneggiano le famiglie e i lavoratori americani e di altre parti del mondo». E rinvia invece alla cooperazione in altri settori di reciproco interesse come la sicurezza climatica e alimentare, la salute globale e la stabilità macroeconomica.

La conseguenza positiva dell’incontro è che probabilmente il segretario di Stato Antony Blinken si recherà presto a Pechino e che saranno stabiliti contatti permanenti ad alto livello perché il dialogo prosegua sui temi di comune interesse.

Nell’occasione il leader cinese ha ribadito la sua contrarietà all’utilizzo di armi nucleari, secondo messaggio, dopo quello sollecitato dal cancelliere tedesco Olaf Scholz nella recente visita a Pechino, nei confronti di Mosca. Del resto per competere e possibilmente vincere con gli americani nel medio-lungo termine, la Cina ha bisogno di un contesto internazionale stabile che le porti crescita economica e ulteriore progresso tecnologico.

Su quest’ultimo punto è interessante notare come il vertice bilaterale nel contesto del G20 sia giunto dopo che in ottobre Washington aveva annunciato una serie di misure senza precedenti per vietare la vendita di microchip più avanzati e relative componenti per realizzarli alle aziende cinesi.

Un provvedimento che davvero, secondo gli esperti del settore, rischia ci compromettere la corsa della Cina verso il primato tecnologico, soprattutto nel momento in cui il tanto preannunciato sorpasso agli Usa sembra decisamente più lontano se non impossibile da realizzare entro la fine di questo decennio.

Competeremo in maniera vigorosa – ha detto Biden in conferenza stampa – ma non cerchiamo il conflitto.

Un probabile riferimento a uno dei punti di maggior attrito tra i due Paesi, Taiwan, dove gli Stati Uniti hanno confermato da un lato la volontà di continuare a perseguire la politica di “Una sola Cina”, ma nello stesso tempo di voler intensificare le alleanze (e la presenza) nell’area dell’Indo-Pacifico. Biden nei mesi scorsi aveva detto che in caso di invasione di Taiwan da parte della Repubblica popolare cinese, Washington sarebbe intervenuta a difesa dell’isola. Insomma, tanto realismo e pragmatismo per segnare le rispettive linee rosse e la possibilità di andare avanti senza che queste siano necessariamente sorpassate, almeno in un futuro prevedibile.

La sintesi? È contenuta nella frase che, secondo il resoconto del ministero cinese degli Affari Esteri, avrebbe pronunciato Xi:

Probabilmente lo stato delle relazioni tra Cina e America non è quello che la comunità internazionale si aspetta da noi.

Non è una un’ammissione da poco. Segna i confini reali di una competizione dove gli interessi reciproci sono talmente forti da sconsigliare qualsiasi ulteriore deterioramento dei rapporti. La Cina di Xi e l’America di Biden sembrano essersi dati dei confini oltre i quali andare sarebbe svantaggioso per entrambi.