La Settimana Internazionale

Se i metalmeccanici tedeschi rasserenano la Banca centrale

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a cura di Attilio Geroni

Tradizionalmente è il negoziato sindacale più seguito e importante d’Europa, in grado di determinare o influenzare le scelte di politica monetaria della Bce.

L’accordo dei giorni scorsi tra il sindacato tedesco dei lavoratori del settore metalmeccanico, IG Metall, e i datori di lavoro, si è rivelato piuttosto neutro ai fini delle prossime decisioni della Banca centrale europea.

L’intesa riguarda lo Stato del Baden-Wuerttemberg, che però fa da apripista e viene replicato su scala nazionale coinvolgendo quasi quattro milioni di lavoratori nel settore chiave dell’economia tedesca, quello, tra l’altro, delle imprese automobilistiche e dei robot per l’industria. La struttura è sempre un po’ complessa e prevede aumenti salariali in due round che coprono un arco temporale di 24 mesi: il primo, del 5,2%, scatterà a marzo del 2023; il secondo, del 3,3%, a maggio del 2024. Assieme agli aumenti nominali in busta paga ci saranno due pagamenti una tantum, esentasse, di 1.500 euro ciascuno, pagabili dalle aziende ai lavoratori nel febbraio dell’anno prossimo e nello stesso mese del 2024. Al netto dell’una tantum l’aumento su base annua sarà del 4,2% a fronte di richieste sindacali dell’8 per cento.

Il tasso annuo d’inflazione in Germania si è attestato in ottobre all’11,6 per cento. L’accordo di IG Metall non è quindi tale da poter innescare la tanto temuta (dai banchieri centrali) spirale salariale. La prossima riunione del Consiglio Bce è prevista il 15 dicembre, data nella quale è atteso un nuovo round di aumento dei tassi d’interesse, compreso tra i 50 e, più probabilmente, i 75 punti base.

La preoccupazione maggiore dell’istituto monetario di Francoforte in questo momento è la lotta all’inflazione, ampiamente fuori controllo e lontana dal target del due per cento. Ragione per la quale la Banca centrale europea sembra disposta a tollerare una recessione che la stessa presidente Christine Lagarde e il suo capo economista Philip Lane ritengono potrà essere di breve durata e non troppo severa. Sull’intensità delle recessione attesa per il primo trimestre del 2023 meglio non fare troppe previsioni e ricordare che i banchieri centrali – non solo in Eurozona – poco più di un anno fa definivano “temporaneo” un aumento dei prezzi dove si concentravano già vari elementi preoccupanti: strozzatura nelle catene globali delle forniture, forti rincari energetici e tensioni geopolitiche.

Il problema è capire quando si raggiungerà un picco nelle dinamiche di crescita dei prezzi. In questo senso un primo segnale, secondo alcuni economisti, potrebbe essere quello dell’indice dei prezzi alla produzione in Germania, che sempre nel mese di ottobre ha registrato la prima flessione (-4,2%) dopo due anni e mezzo. Bisogna vedere se la tendenza si consoliderà entro il primo trimestre del 2023. Secondo Dirk Schumacher, capo economista per l’Eurozona di Natixis, gli aumenti salariali in Germania sono più o meno in linea con gli anni scorsi; dove la dinamica è invece più preoccupante è nel settore alberghiero e della ristorazione, dove si registra un’impennata, ad esempio, rispetto all’industria manifatturiera.

IG Metall in questo caso si è “accontentata” perché oltre agli incrementi salariali, sulle buste paga e sul potere d’acquisto dei tedeschi impatteranno le varie misure di sostegno al reddito messe a punto dal Governo tedesco – circa 200 miliardi – contro il caro energia. L’obiettivo principale di questo pacchetto è di fissare un tetto al prezzo dell’energia: all’80% per le famiglie, a partire da marzo, mentre il limite per le imprese entrerà in vigore già in gennaio. Approvato un mese fa dal Bundestag, il pacchetto ha avuto bisogno di un’altra deroga, dopo quella per la pandemia, al tetto del debito fissato in Costituzione. Secondo la legge fondamentale tedesca, in tempi normali l’indebitamento netto annuo dello Stato federale non può eccedere lo 0,35% del Pil. I tempi normali, però, per la Germania e per l’Europa, sono un ricordo sempre più lontano.