La Settimana Internazionale

Tassi Bce, i falchi e quel non detto su moneta unica e salari

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di Attilio Geroni

Alla fine è prevalsa la linea dei falchi che vogliono a tutti i costi riportare l’inflazione sotto controllo, impedendo un disancoraggio delle aspettative sui prezzi. E probabilmente anche un “non detto” che riguarda il crollo della moneta unica, scesa sotto la parità nei confronti del dollaro, che contribuisce a rendere ancora più pesante una bolletta energetica già proibitiva. La decisione del Consiglio Bce di aumentare i tassi di 0,75 punti base alla riunione dell’ultimo Consiglio ha suscitato perplessità tra molti economisti: anche tra quelli che di solito non criticano la Banca centrale europea per partito preso o per ragioni ideologiche.Una delle voci più importanti a esprimere alcuni rilievi è stata quella di Vitor Constancio, che della Bce è stato vicepresidente. In un lungo thread su Twitter l’ex banchiere centrale ha sottolineato l’importanza, nelle decisioni di politica monetaria, di sapere «guardare avanti» e non basare le proprie decisioni «esclusivamente sugli ultimi dati (macroeconomici, ndr) a disposizione». La sua preoccupazione si concentra su due aspetti che probabilmente sono passati in secondo piano nelle valutazioni dell’ultimo consiglio Bce. Il primo riguarda la probabile recessione che l’Eurozona dovrà affrontare nei prossimi mesi; il secondo, la dinamica salariale negativa, con un conseguente forte impatto sui consumi.All’ultima conferenza stampa, la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ha dato indicazioni prospettiche (forward guidance) piuttosto esplicite preannunciando altri rialzi, da 2 a 4, prima di giungere a un livello di tassi d’interesse considerato neutrale, tale cioè da non essere sia di stimolo sia di impedimento alla crescita economica. Secondo Dirk Schumacher, capo economista per l’Eurozona di Natixis, ciò potrebbe tradursi a marzo 2023 in un livello del costo del denaro del 2,25 per cento. Una previsione più o meno in linea (2,3%) con quella di Erik Fossing Nielsen, chief economic advisor di UniCredit Bank a Londra. Lo stesso Nielsen, nella sua ultima nota settimanale, mostra perplessità simili a quelle di Constancio e parla di un Consiglio Bce dove la posizione dei falchi è diventata predominante (il rialzo dei tassi di 0,75 punti base è stato deciso all’unanimità): «Sono sempre più sicuro – scrive – che se questo cammino di politica monetaria dovesse essere implementato, sarebbe un serio errore poiché acuirebbe e prolungherebbe la recessione nel 2023».Nelle ultime proiezioni la Bce non prevede recessione per l’Eurozona, al contrario della maggioranza degli istituti di ricerca e delle banche d’investimento che stimano una contrazione del Pil già nel secondo semestre di quest’anno dopo una prima parte di crescita ancora sostenuta grazie al rimbalzo dell’attività (consumi, produzione e servizi) post-lockdown. La crisi energetica e gli attuali prezzi raggiunti dalle materie prime comportano già un costo per famiglie e imprese pari al 5,5% del Prodotto interno lordo dell’eurozona, secondo la ricerca di Natixis, rispetto a costi, in tempi normali, che non arrivavano all’1% aggregato dell’Unione monetaria.

Detto questo, la Bce, così come la Fed, non potevano non aumentare i tassi. La differenza dell’intensità e della tempistica di questa stretta per riportare l’inflazione sotto controllo fa però la differenza. E contrasta con il mantra ripetuto fino a pochi mesi fa da molti banchieri centrali, al di là e al di qua dell’Atlantico, che l’aumento dei prezzi, già insolito e forte da tempo, era “temporaneo” perché legato a fattori eccezionali, quali le strozzature nella catena globale delle forniture dovute al covid, e lo spettacolare rimbalzo dell’attività economica e delle sue componenti una volta attenuate e levate le misure restrittive anti-pandemia.

L’importante è non ripetere gli errori compiuti nel 2011, allora dalle politiche di bilancio, quando alla fine della crisi debitoria nell’eurozona si preferì tornare prematuramente verso una stretta fiscale generalizzata.