La Settimana Politica

Biden-Meloni, se telefonando..

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di Silvio Magnozzi

“Il presidente Joe Biden non vede l’ora di dare il benvenuto” alla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni a Washington “quando le loro agende saranno allineate” per i rispettivi impegni. Con questo comunicato, lunedì notte, la Casa Bianca dopo la telefonata tra il presidente americano Biden e la Meloni, ha evidenziato quello che per la premier italiana è un punto politico importante: la continuità esplicita con la linea atlantista del suo predecessore a Palazzo Chigi, Mario Draghi.

Una continuità che in politica estera ha, sin dai primi giorni del governo Meloni, trovato subito collocazione nel pieno sostegno all’Ucraina contro l’invasione russa. In quest’ottica, nella chiacchierata tra Biden e Meloni al telefono, tra i temi affrontati si è discusso molto del “coordinamento sul sostegno all’Ucraina, compresa l’assistenza di sicurezza, economica e umanitaria”.

A rinforzare la scelta italiana del pieno appoggio a Zelensky e alla resistenza ucraina è arrivata poi martedì, il giorno dopo la telefonata con Biden, la visita della premier italiana in Ucraina e l’incontro con lo stesso Zelensky. Una visita che Meloni e Zelensky avevano da tempo annunciato ma che nel contesto in cui si è manifestata – dopo la frase pronunciata diversi giorni fa da un alleato di governo della Premier come Silvio Berlusconi, «non avrei visto Zelensky» – è anche un chiaro doppio segnale: agli alleati di governo in Italia, che la linea pro-Ucraina dell’Esecutivo italiano non si discute. E agli alleati internazionali, che l’Italia è un partner affidabile che sta col fronte occidentale e contro l’invasione di Vladimir Putin.

I critici della Meloni, parlando del suo viaggio a Kiev, hanno voluto sottolineare che il treno che l’ha portata in Ucraina non era politicamente e diplomaticamente come il treno che vide a bordo Draghi, il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz. Paragone non comprensibile, visto che i tempi non sono gli stessi e che la stessa Giorgia Meloni, come scelta geopolitica e diplomatica, prima della telefonata con Biden e dell’incontro con Zelensky, lunedì ha incontrato in Polonia il premier polacco Mateusz Morawiecki al quale ha sottolineato come «di fronte al conflitto ucraino la Polonia è il confine morale e materiale dell’Occidente» e ribadito come l’Italia sarà sempre con Kiev. Con Morawiecki, però, la Meloni ha parlato anche di Unione europea trovandosi in perfetta sintonia con il leader polacco e mandando alcuni messaggi chiari a Bruxelles.

Tra questi, dopo aver sottolineato l’europeismo sincero dell’Italia, la premier ha voluto far sapere che con la Polonia condivide la necessità di difendere i confini Ue, con una nuova politica sull’immigrazione e ha poi aggiunto che l’Unione deve diventare «un gigante politico» perché sia Roma sia Varsavia vogliono «un’Europa che sia un gigante politico e non un gigante burocratico».

Non si tratta di un asse alternativo a quello tra Parigi e Berlino, ma di un chiaro segnale politico a Macron e Scholz, soprattutto sul non far fughe in avanti da soli perché l’Unione europea è fatta di 27 Paesi. Anche per queste ragioni appena elencate, la telefonata di lunedì con il presidente statunitense Joe Biden è per Giorgia Meloni un segnale politico internazionale di rilievo: l’atlantismo italiano come elemento di coesione e di sostegno in un’Europa dove si consuma una guerra e con il Mediterraneo in cerca di un equilibrio stabile e duraturo, a cominciare dalla Libia.