La Settimana Politica

Giorgia l’africana, un piano a tutto gas

Scritto il

di Silvio Magnozzi

 Il progetto è ambizioso e azzeccato, considerando gli stravolgimenti geopolitici ed energetici impressi al mondo (Europa e Italia comprese) dalla guerra d’invasione russa in Ucraina.

Giorgia Meloni, presidente del Consiglio italiano, ha spiegato in maniera chiara il suo progetto: fare dell’Italia l’hub energetico d’Europa, puntando sulla centralità che il nostro Paese ha nel Mediterraneo, dov’è una penisola allungata a poche miglia dal nord del sud del Mondo, l’Africa appunto.

L’occasione per sottolineare il ruolo a cui punta l’Italia è stato il viaggio lunedì scorso in Algeria, dove il Capo del Governo italiano aveva in agenda l’incontro ufficiale con il presidente della Repubblica algerina democratica e popolare, Abdelmadjid Tebboune e dove, dopo l’incontro, si è tenuta la cerimonia per la firma degli accordi di cooperazione tra l’Italia e il Paese africano.

L’Algeria, negli approvvigionamenti energetici italiani, dopo le sanzioni occidentali alla Russia è oggi un pezzo decisivo nel puzzle che dovrà portare alla completa indipendenza, nel 2024, del nostro Paese dal gas russo. Una politica avviata dal predecessore della Meloni, Mario Draghi, ma che la premier italiana sta portando avanti con intelligenza politica e convinzione.  Con le sanzioni occidentali alla Russia, la Germania non è più l’hub energetico europeo e l’Italia ha una grande opportunità.

Quanto sia importante puntare sull’Africa, oltre alla Meloni, lo ha spiegato nei giorni scorsi l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi.  L’Italia – ha spiegato – ha il “potenziale” per essere un hub di energia, ma deve essere eliminato il “collo di bottiglia” creato dalle pipeline che vengono dal Sud e vanno potenziati i collegamenti Sud-Nord.

«Siamo gli unici – ha sottolineato Descalzi – ad avere una connessione con l’Algeria da 36 miliardi di metri cubi, attualmente sottoutilizzata e 12-14 miliardi con Libia, che può salire. E poi abbiamo l’Egitto con il Gnl e il Mozambico e l’Angola. Da un punto di vista potenziale siamo già riusciti a recuperare quasi più del 50% del gas russo, soprattutto dall’Africa. Inoltre abbiamo anche pipeline al Nord, gas che arriva attraverso Francia, Germania e Svizzera dalla Norvegia e poi c’è il Tap».

L’Italia ha 5 punti di connessione e 3 di Gnl che Descalzi spera arrivino a 4 con il rigassificatore di Piombino e a 5 con il Ravennate. Per l’ad Eni il progetto dell’Italia hub energetico «è fatto prima di tutto di gas da portare in Italia (e in 2 anni, 2 anni e mezzo  riusciremo ad avere quello necessario ai consumi) ma anche di infrastrutture, per cui l’idea di fare pipeline e rigassificatori potenziali solo al Nord dovrà essere ampliata con l’idea di farli anche al Sud nel momento in cui pure la dorsale adriatica e quindi la rete di  tubature che viene dal Sud sarà ampliata», eliminando così il rischio dei cosiddetti colli di bottiglia, ovvero di infrastrutture con limiti di capacità di trasporto troppo bassi.

Le parole di Descalzi aiutano a evidenziare quando sia innovativa, dalle infrastrutture all’indipendenza energetica, la sfida italiana di diventare un hub europeo lanciata dalla Meloni, con tanto di citazione-omaggio a Enrico Mattei, fondatore dell’Eni. Una sfida che passa anche dalla stabilità in Libia e da una pacificazione del Paese africano tra le due fazioni in tensione. Una pacificazione che permetterebbe di governare, con maggiore razionalità, pure i flussi migratori verso l’Italia e l’Europa. La sfida è aperta.