La Settimana Politica

Governo: braccio di ferro con Bruxelles, tra falchi e colombe

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di Pasquale Napolitano

 L’anno che verrà pone la presidente del Consiglio Giorgia Meloni davanti a un bivio in Europa: falchi o colombe. Sull’innalzamento della soglia per l’utilizzo del Pos a 60 euro hanno vinto (con il placet di Meloni) le colombe. Ora però l’esecutivo dovrà decidere quale strada imboccare nel futuro su Bce e Mes.

Dovrà stabilire la rotta: quella del braccio di ferro con Bruxelles, suggerita dal gruppo dei ministri falchi Crosetto, Fazzolari e Lollobrigida, oppure quella del dialogo caldeggiata dai ministri “colombe” come Fitto e Giorgetti. La partita è fondamentale. Perché dalla strada imboccata si determineranno ricadute economiche per il tessuto produttivo italiano. Governo ed Europa sono schierati ai nastri di combattimento.

La Banca centrale europea guidata da Christine Lagarde ha deciso l’aumento dei tassi d’interesse. «Una dichiarazione di guerra per l’Italia», l’ha definita il ministro della Difesa Guido Crosetto. Cosa vuole dire per il nostro Paese la mossa della Lagarde? I tassi d’interesse, praticati dalla Bce per dare euro alle banche, si aggirano intorno al 3,75%; il che comporta inevitabilmente un aumento dei tassi d’interesse che le banche praticheranno per i mutui da concedere agli italiani.

Questo è il primo problema per l’economia italiana. C’è un secondo riflesso della decisione della Bce che impatta sulla tenuta economica italiana. Per lo Stato la decisione sui tassi significa un maggior esborso per interessi da pagare sui bond di nuove emissione. Ogni anno l’Italia paga circa 60 miliardi di euro in interessi sul debito, cifra calata molto negli ultimi anni per effetto delle politiche ultra espansive della Bce.

Alle finanze pubbliche (come a tutti i debitori) viene in aiuto l’incremento dell’inflazione che riduce rapidamente il valore reale delle passività. Nonostante gli aumenti degli ultimi mesi, i rendimenti dei titoli di Stato restano negativi in termini reali, ossia gli interessi non compensano la perdita di potere di acquisto legata all’aumento generalizzato dei prezzi. Un doppio effetto negativo che metterebbe l’Italia in una condizione di forte esposizione sul piano economico.

Il governo dovrà evitare un muro contro muro con l’Europa, onde scongiurare un inasprimento della politica monetaria della Bce.

L’altro grande tema sul tavolo dell’Esecutivo è il Mes: il meccanismo di stabilità europea. La Germania, dopo la decisione della Corte suprema, si appresta a ratificare le modifiche al Trattato. Resta dunque solo l’Italia, tra i Paesi della zona Euro, a non aver ratificato il Mes. È un dossier divisivo per la maggioranza. Fratelli d’Italia e Lega si sono sempre opposte. Forza Italia, nonostante i dubbi, si è schierata nel fronte pro-Mes.

Ma quali possono essere le ricadute per l’Italia? Il fondo salva-Stati consente all’Italia di incassare con un prestito di 40 miliardi da restituire in un lungo periodo. Ma c’è il rischio che l’organo di burocrati che eroga i soldi del Mes possa chiedere al governo una politica di rigore e riforme per rientrare dal debito.

La linea dell’Esecutivo dovrebbe essere quella della ratifica del trattato, salvo poi valutare l’opportunità o meno di richiedere il prestito. Si vuole evitare di condurre il Paese in una spirale pericolosa tra rigore e tassi d’interesse alti. Una morsa a tenaglia che potrebbe strangolare l’esecutivo Meloni.