La Settimana Politica

Il blitz di Berlusconi ridisegna Forza Italia

Scritto il

di Pasquale Napolitano

Le truppe di Licia Ronzulli si riposizionano in attesa di tempi migliori. Quindici deputati e 10 senatori: il capogruppo al Senato di FI, ridimensionata dalla manovra a tenaglia organizzata da Fascina-Tajani, riparte da una pattuglia di 25 parlamentari fedeli, pianificando una controffensiva.

Alla Camera il gruppo è più folto: da Alessandro Cattaneo, il capogruppo defenestrato in 24 ore con la nomina di Paolo Barelli, a Giorgio Mulè. Ma fanno parte della schiera di Licia anche Annarita Patriarca, Paolo Emilio Russo e Giuseppe Mangiavalori. Al Senato metà gruppo è con Ronzulli.

Cosa fare di questi numeri? Il tempo non gioca a favore dell’ex zarina di FI. Più si va avanti e più l’asse Meloni-Berlusconi-Fascina si consolida. E poi c’è un ostacolo: il diktat dalle tv. Difficilmente gli “irriducibili” ronzulliani troveranno spazio in talk vicini al centrodestra.

Bisogna agire in fretta. In tempi rapidi. Bisogna lanciare un segnale forte, nell’immediato. C’è chi ipotizza un abbraccio con Matteo Renzi. Ma dalle parti di Azione è già arrivato il veto delle ex “avvelenate” Gelmini e Carfagna. Non se ne parla manco lontanamente.

Però quei 25 parlamentari fanno gola alle strategie di Renzi. Ecco che allora l’ex premier è pronto a indossare l’abito del suggeritore. Il rifinitore di Licia. La guerriglia deve iniziare dal Parlamento.

Nelle commissioni, con strategia di logoramento lento. Sulla Giustizia? Va bloccato il disegno di legge Varchi sulla maternità surrogata. Sull’immigrazione? Stop alla conversione dei decreti Piantedosi. Bastone, dopo bastone, tra le ruote, per allentare l’attività del governo. E poi su balneari e Mes l’obiettivo della coppia Ronzulli-Renzi è mettere l’esecutivo spalle al muro. È una guerra lunga. E per ora Ronzulli non può far altro che rintanare in attesa del primo varco. «Perché – spiega Renzi ai suoi – prima o poi esploderà Salvini». A quel punto il cartello Renzi/Ronzulli si deve far trovare pronto.

Nel centrodestra lo scossone in FI ha rafforzato Fratelli d’Italia che, disarcionata Forza Italia, può affrontare con minori insidie le birichinate della Lega. E da qui si spiega il nervosismo del vicepremier Matteo Salvini, costretto a fare il controcanto al governo. Con il rischio però di essere isolato e schiacciato dall’asse Berlusconi (Tajani)-Meloni. Sulle nomine Salvini alza la voce. Ma rischia di finire in minoranza. Vuole l’Eni. Ma deve accontentarsi delle Ferrovie.

I primi segnali di insofferenza si sono visti con l’assenza dei ministri leghisti alle comunicazioni del premier Meloni alla vigilia del Consiglio europeo. A peggiorare il quadro i disastri del ministro dell’Interno Piantedosi sull’immigrazione. Il Carroccio non può attaccarlo. Sarebbe un boomerang. Ma soprattutto un clamoroso assist per FdI che non vede l’ora di liberarsi del titolare del Viminale. Tutti guardano Ronzulli. Ma il vero sconfitto, nel breve periodo, rischia di essere il leader della Lega. Nel lungo periodo l’insofferenza potrebbe trasformarsi in una mina sotto il governo.