La Settimana Politica

Il centrodestra sbanca, l’opposizione sbanda, l’astensione sballa

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di Claudio Brachino

Cronaca di una vittoria annunciata, anche se in politica nulla è mai scontato. Ha vinto Rocca nel Lazio, Fontana in Lombardia, continua il momento magico della Meloni, ma non crollano gli alleati, soprattutto la Lega tiene al nord. Si era parlato di pericolo instabilità nel caso di un ulteriore ridimensionamento di Salvini e Berlusconi, pericolo rientrato come rientrata sembra l’ipotesi di un mini-rimpasto in sede nazionale. Almeno per ora.

La sensazione, al di là di appetiti e tensioni che ci sono anche nelle famiglie di successo, è che questo governo abbia davanti a sé cinque anni tutti per giocarsi la sfida delle sfide, ovvero le riforme che possono davvero cambiare l’assetto di questo paese. L’unico avversario che spaventa la premier non è l’opposizione, o meglio le opposizioni, presentatesi in ordine sparso, con alleanze incomprensibili (Pd e M5s insieme in Lombardia ma divisi nel Lazio, Terzo polo con il Pd nel Lazio ma da solo in Lombardia), e con polemiche sempre incandescenti tra i vari leader. L’incubo si chiama astensione, nelle due regioni più importanti d’Italia hanno votato poco più di 4 milioni di persone su 12 aventi diritto.

Più che un partito immenso, un immenso minaccioso messaggio all’intera classe politica, di destra e di sinistra e di centro se c’è. Sulle cause di questa disaffezione molto si è scritto in queste ore ricorrendo a schemi che conosciamo a memoria, dalla crisi della rappresentatività in tutto il mondo al silenzio delle periferie e degli ultimi, al distacco dei giovani. Certo c’è del vero in tutte le analisi, ma nessuno riesce davvero a capire cosa stia succedendo. Il Pd, ad esempio, primo nella borghesia ricca di Milano e nelle altre grandi città del- la Lombardia, è di fatto inconsistente nella ex classe operaia della regione più produttiva del paese. Evidentemente tanti nostri schemi sociologici e stori- ci stanno saltando.

I pilastri antropologici della visione di destra e sinistra vacillano, il XXI secolo ha bisogno di altre ricette e non basta neanche più la competenza come unico merito. Chi ha ben fatto con il Covid, la Moratti a Milano e l’ex assessore alla sanità nel Lazio D’Amato, sono stati bocciati come pure bocciato è stato un virologo celebre come Pregliasco. Forse l’identità oggi è data più che da una visione ideologica delle cose in sé, dalla capacità di un leader di incarnarla mediaticamente e coerentemente nella prassi.

Forse bisognerebbe togliere la politica dalla perenne polemica quotidiana di bottega e riportarla alla missione originaria della polis, con l’agenda dettata dal- le reali necessità dei cittadini. Invece abbiamo passato una settimana intera nella sbornia di Sanremo e arrivati alla domenica molti italiani erano ormai sazi e sono rimasti a casa a guardarsi serie e partite.

La battuta non è mia ma è felice, bisogna ricordare sempre che Rosa Chemical non è Rosa Luxemburg e che Fedez e la Ferragni non portano un voto se non nel loro già cospicuo conto corrente. Infine bisogna sempre analizzare con serietà sia le vittorie che le sconfitte, soprattutto le sconfitte. Qui abbiamo sentito di tutto, dal “faceva freddo” della Moratti (domenica 12 febbraio mi sono quasi addormentato sul mio terrazzo a Milano sotto il sole cocente dell’ora di pranzo), al “cambiamo popolo” di Calenda.

Il leader di Azione è un uomo intelligente e dalla pole- mica tagliente ma quando dice che gli elettori non hanno sempre ragione riprende pigramente un vecchio refrain della sinistra snob che detesta i cittadini quando non fanno quello che vuole lei. Invece la democrazia è questa cari signori, malata, stanca, ma pur sempre democrazia. Ed è tutto legittimo, non c’è il quorum come nei referendum. Gli elettori, pochi o tanti che siano, hanno sempre ragione. Ascoltarli è meglio di una seduta di psicoanalisi, soprattutto per far crescere Narcisi spesso non in sintonia con la realtà.