La Settimana Politica

In Calabria il metodo Gratteri dietro la nuova Procura antimafia

Scritto il

di Maria Chiara Caruso

Una struttura di 800 metri quadri “iper-contemporanea” ed ecosostenibile, realizzata nel rispetto dei CAM. Una classe energetica che assicura un significativo abbattimento dei costi energetici, ed è dotata di avanzate tecnologie per monitorare i consumi e le anomalie impiantistiche. La nuova sede della Procura distrettuale antimafia della Repubblica di Catanzaro è uno dei primi Heritage BIM realizzati in Italia e dal 15 novembre 2022, aperta al pubblico.

Giustizia, progettazione, investimento sono le caratteristiche che hanno animato un progetto concepito nel profondo sud Italia e divenuto best practice per l’Europa grazie ad eccellenze capaci di dialogare e lavorare in modo trasparente. Un gruppo di progettisti in RTP guidati da Vincenzo Corvino di Corvino + Multari e Fabio De Falco di DFP Engineering, (RINA Consulting capogruppo) si è aggiudicato una gara di progettazione indetta dall’agenzia del Demanio della Calabria.

Opera qui il Procuratore Nicola Gratteri, magistrato calabrese, amato da molti e odiato da tanti a causa del suo temperamento sanguigno e le sue indagini che hanno dato vita ad uno dei maxiprocessi al pari di Cosa Nostra per capi d’imputazione ed imputati: Rinascita–Scott. Per volontà di Gratteri, il processo che vede 479 persone coinvolte nell’inchiesta, tra massoneria deviata, ‘ndrangheta e colletti bianchi, si celebra nell’aula bunker di Lamezia Terme, una delle più grandi del meridione.

Nel 2016 il magistrato si insedia a Catanzaro e si rende conto che molti uffici della Procura erano dislocati nei palazzi intorno al Tribunale: di qui l’esigenza di riunire in un unico complesso tutti gli uffici giudiziari della repubblica distrettuale antimafia. «Nel mio discorso di insediamento –  racconta Gratteri – ho subito chiarito che bisognava pensare all’edilizia giudiziaria. E sono venuto a conoscenza che per i fitti degli uffici giudiziari si pagava un milione settecentomila euro annui. Una cosa scandalosa».

Guardandosi intorno, scopre che proprio dietro la Corte d’appello vi era un edificio del XV secolo sorto come convento degli Osservanti e trasferito al ramo militare nel secondo Ottocento. Dopo essersi riunito con gli organi competenti cerca di capire perché non è stato possibile utilizzare prima quell’edificio, in stato di totale abbandono: «A causa di un vincolo: è un bene demaniale che dev’essere messo nelle disponibilità dei catanzaresi, questa la risposta che mi hanno dato» spiega Gratteri. Non tutti mostrano entusiasmo per l’idea del procuratore, al progetto di recupero. Alcuni giornali locali iniziano a diffondere le consuete azioni di delegittimazione camuffate dai dissensi di avvocati, professionisti e personaggi autorevoli: «Erano mossi dalla convinzione che qui al posto della nuova Procura doveva sorgere un centro culturale. Mi sono irritato».

Perché non portare avanti l’idea di un centro culturale in posti differenti da quello scelto da Gratteri per la nuova Procura? Parte per Roma, incontra il direttore dell’Agenzia del Demanio e fa partire la procedura di sdemanializzazione con lo scopo di togliere il demanio militare sulla struttura a favore del Comune di Catanzaro che, a sua volta, lo concede al ministero della giustizia per 99 anni.

Questa storia prende vita dalla consapevolezza di una politica che ha abbandonato la Calabria e la determinazione di un uomo, Gratteri, diventato punto di riferimento per i calabresi. E senza l’appoggio della committenza – l’Agenzia del Demanio rappresentata da Alessandra Del Verme – oggi non sarebbe esistita la nuova Procura. Una realtà che si inserisce nell’ambito degli obiettivi di rigenerazione urbana e ambientale che il Demanio ha messo in campo in tutta Italia. Attraverso la messa in atto di un bando pubblico per la progettazione prende vita la nuova Procura. Un luogo a servizio del cittadino, non solo dal punto di vista giuridico ma anche artistico, grazie all’apertura dell’edificio ad eventi culturali come la stagione concertistica di musica classica, all’interno del Chiostro, o le giornate del Fai.

Il progetto non è ambizioso solo per le dimensioni strutturali e la particolarità della committenza ma anche perché, come racconta Gratteri, Catanzaro sarà la prima e unica città italiana a non pagare affitti per palazzi destinati al ministero della Giustizia. La Regione Calabria ha concesso alla Procura di Catanzaro il Palazzo Alemanno, vecchia sede della Giunta Regionale, chiuso da oltre 10 anni, all’interno del quale saranno collocate le tre sezioni di polizia giudiziaria: guardia di finanza, carabinieri e polizia.

Gratteri è l’uomo dei grandi numeri: in meno di  sei mesi è riuscito a far costruire, in Calabria, l’aula Bunker più grande del sud Italia, in quattro anni la nuova Procura. Com’è stato possibile? «Il segreto sta nella convergenza di belle persone. Io sono un ottimista e amo avere intorno a me persone collaborative e innamorate della propria terra. Quando abbiamo iniziato quest’opera, i faccendieri o borderline sono stati lontani da noi, non c’era trippa per gatti. Bisogna lavorare rispettando le leggi e pensando a quello che serve alla Calabria. Siamo e siamo stati determinati e la nostra storia ha scoraggiato eventuali infiltrazioni mafiose o mazzettari ad avvicinarsi al nostro tavolo».

Lì dove la ‘ndrangheta affonda le sue radici, le gare d’appalto sono disertate o vi partecipano in pochi, segno che le cose non funzionano, ci vuole Gratteri per farle funzionare? «No! Ci vogliono persone coraggiose. In questa terra ci sono funzionari pubblici in posti apicali che non hanno nemmeno un titolo di studio e che hanno potere decisionale su tantissime persone. Poi ci sono professionisti preparati, capaci, che in un territorio normale con meno violenza, meno mafia, meno massoneria deviata, andrebbero alla grande. Qui in Calabria ci vuole un valore aggiunto: il coraggio. Chi comanda, chi ha potere deve accollarsi l’onere di mettersi sulle spalle anche questi funzionari che non hanno la forza di resistere a pressioni mafiose o massoniche».

Camminando per i corridoi della nuova procura si avvertono sensazioni che richiamano ai principi di sobrietà, concretezza ed essenzialità. Dagli arredi ai servizi si percepisce un’intima coerenza, simbolo di una forte sinergia tra ufficio di Procura e forze dell’ordine.

Quello che incontriamo è un Gratteri combattivo, che non conosce vie di mezzo, che ha contro alcuni organi di stampa o alti ranghi della politica e della società. Nel chiedergli come convive con tutto questo risponde con occhi brillanti e un timido sorriso: «Mi sono costruito una vita molto complicata e me la sono scelta per poter dire quello che penso in qualsiasi momento. Non voglio tessere di partito e appartenenze perché sono orgoglioso della mia libertà. Sono limitato dal punto di vista fisico, non vado a mare da più di 20 anni perché metterei a rischio le persone che mi stanno intorno. Ma sono libero mentalmente».

Cosa si aspetta Gratteri dalla sua Calabria? «Sarebbe bello vedere le persone prendere posizione. Penso al momento in cui molti candidati scelgono di saltare il fosso durante il periodo elettorale chiedendo voti a gente di potere o a ‘ndranghetisti. Questo mi provoca dolore, perché è un momento storico per la Calabria che necessita una svolta».

Vincenzo Corvino di CORVINO+MULTARI, coordinatore del team multidisciplinare responsabile dell’intervento, racconta come il progetto sia stato realizzato in breve tempo rispettando la sua storicità: «È stato come dirigere un’orchestra con tante figure professionali messe insieme. Uno dei segreti di questo successo sta nell’aver vinto una competizione sia per la progettazione sia per la direzione dei lavori».

Abbinare la funzione della Procura con la sua complessità e destinazione d’uso, alla tipologia architettonica, al rispetto della tradizione e del tempo, è stata la difficoltà maggiore riscontrata. Durante gli scavi, il direttore dei lavori Fabio De Falco, di DFP Engineering, scopre delle tombe del settecento dove vi erano seppellite donne e bambine e che oggi sono custodite dalla Soprintendenza archeologica. Il viaggio di conoscenza storica e cartografica della città di Catanzaro è stato il punto di partenza da cui i progettisti hanno iniziato il loro percorso verso la ripresa dell’edificio. «Catanzaro è una città che ha costruito la sua modernità in maniera speculativa e aggressiva, con volumi molto alti» afferma Corvino «Sentivamo l’esigenza di restaurare in maniera archeologica il chiostro originario e dare vita a un ampliamento molto sommesso quasi come fosse una zolla del paesaggio con il tetto-giardino della nuova Procura».

Osservando il progetto cartaceo, tra i volumi originari, i controsoffitti inadeguati, tramezzi presenti, si comprende quanto gli architetti siano investiti del compito di svelare l’origine arrivando all’essenza della definizione architettonica originaria che in questo caso è caratterizzata dal Chiostro e dalla Corte contemporanea. Strutture, impianti, architettura costituiscono un unico progetto e si rivelano in un edificio inondato di luce con corridoi lunghi e luminosi quasi in antitesi con il lavoro d’indagine svolto dalla Procura Antimafia che, smussa gli angoli più bui della criminalità organizzata. In quelle stanze la luce è protagonista assoluta, irrompe sulla scena come una sirena nel cuore della notte. La luce che illumina la realtà è l’aspetto che più colpisce i visitatori di questo complesso e diventa un materiale del progetto che, grazie ad importanti accorgimenti, potrebbe essere candidato ad edificio LID, protocollo americano di sostenibilità, e un modello da seguire per l’Europa dal punto di vista architettonico.