La Settimana Politica

Le aziende devono cercare ai margini la vera innovazione

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di Ernesto Sirolli

Ernesto Sirolli
Ernesto Sirolli (docente e consulente di economia aziendale)

Sono stato invitato di nuovo a presentare al Digital Innovation Days a Milano e ho parlato di un concetto che è stato ispirato da due californiani; uno dei quali, John Hagel, ho avuto il piacere di conoscere personalmente. Hagel è stato il chairman del Center for the Edge di Deloitte e scrive spesso del fatto che le grandi aziende fanno fatica ad innovare.  Pensate che negli ultimi dieci anni le grandi aziende, nella lista delle Fortune 500, invece di utilizzare i profitti per innovare hanno ricomprato le loro azioni per circa 5mila miliardi di dollari! John scrive che «tutto il potere, il personale esperto e le risorse finanziarie sono al centro, ma tutta l’innovazione si svolge alla periferia, ai margini (at the edge) del conosciuto».

Bill Joy, di Sun Microsystems, l’altro californiano, è diventato una leggenda per aver detto, secondo alcuni a un dirigente di Microsoft, una frase che è addirittura diventata una legge. Cercatela sotto il titolo The Joy Law se volete e scoprirete che dice:

Non importa chi tu sia, le persone più intelligenti del mondo non lavorano per te!

Se tutta l’innovazione è alla periferia, ai margini del conosciuto, e se le persone più intelligenti non lavorano per te come fanno le grandi aziende a innovare? Tempo fa parlai con un manager di una multinazionale con 35mila impiegati e lui mi confidò che avevano creato un innovation hub all’interno dell’azienda e lanciato una serie di premi, del valore di due milioni di dollari annui a chi avesse presentato idee innovative che avrebbero potuto migliorare il bottom line e la qualità della loro offerta. «In cinque anni – mi disse – abbiamo letteralmente buttato 10 milioni».

I Cavalieri delle Frontiere

Non si innova dall’interno, perché, come scrisse il mitico Peter Drucker, «l’innovazione, per definizione deve essere decentralizzata, ad hoc, autonoma, specifica e micro-economica. È meglio che cominci piccola, titubante e flessibile». Drucker, in modo poetico direi, conclude dicendo che l’innovazione arriva con il sussurro della brezza, non con la tempesta. Ecco che allora entrano in scena i Cavalieri delle Frontiere, ossia i Boundary Riders.

Al DIDays di Milano ho parlato di una figura mitica nella cultura australiana, il Boundary Rider. Si tratta di un cowboy australiano (in realtà là li chiamano Jackaroos!) con un lavoro unico al mondo. I grandi possedimenti per allevamento di bestiame al centro e al Nord del Paese sono talmente grandi (si parla di proprietà fino a sei milioni di acri) che debbono usare un cowboy il cui solo lavoro è ispezionare i confini della proprietà. A cavallo o in motocicletta, magari con un cane e l’immancabile swag (il sacco a pelo) il Boundary Rider ispeziona i fili spinati, le barriere che delimitano la proprietà, e, una volta al mese, torna alla farm e riferisce al management quello che hanno visto. Potrebbe aver scoperto dei problemi, degli animali che sono scappati, ma potrebbe anche scoprire delle opportunità: dei cavalli o dei cammelli selvatici che sono entrati e possono essere venduti, nuovi alberi di cedro cresciuti e possono essere utilizzati.

Le grandi aziende, ma anche le PMI che vogliono innovare, dovrebbero (alcune già lo fanno!) creare, addestrare e sostenere una cultura che prevede l’uso di Boundary Riders costantemente attenti a quello che avviene “fuori” dall’azienda e ai margini del conosciuto.

I Cavalieri delle Frontiere sono quelli che vedono opportunità, quelli che, anche se impiegati, si sentono imprenditori e fremono a vedere nuove tecniche utilizzate dalla competizione e non dalla loro azienda.

Alcuni li chiamano Intrapreneurs, gli imprenditori che avete dentro l’azienda. Appassionati, energici, potrebbero contribuire alla trasformazione per il meglio delle vostre imprese se solo fossero incoraggiati a tenere gli occhi aperti e a portare in azienda quello che hanno scoperto parlando con una figlia all’università, un amico a cena.

I Boundary Riders devono essere gestiti correttamente per avere buoni risultati ma una cosa è certa: senza di loro l’azienda diventerà sempre più brava a fare quello che ha sempre fatto fino a quando si accorgerà che produce i cavalli più veloci nell’era delle automobili.