La Settimana Politica

Meloni e i suoi critici alla resa dei cont(ant)i

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di Silvio Magnozzi

Avanti popolo, al… pos. Anzi, forse no. Un pos alla volta. C’è un contrappasso profondo in molte critiche che in questi giorni e in queste settimane stanno colpendo le scelte del governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, da parte delle opposizioni politiche, a cominciare dal centrosinistra.

Il primo contrappasso è che la polemica italiana sul tetto ai contanti che tante pagine di quotidiani e dichiarazioni critiche di politici dell’opposizione hanno alimentato, ovviamente dando contro la volontà del centrodestra di fissarlo a 5mila euro, è finita con un sonoro rinculo.

Sì, perché il Consiglio dell’Unione europea ha deciso di adottare in Europa un limite massimo di 10mila euro per i pagamenti in contanti, con la possibilità per gli Stati membri di imporne uno loro. Saltato il mantra de “non lo fate perché non lo vuole l’Europa” ecco che i critici e le opposizioni si son ritrovati senza grandi argomenti. Del resto, nell’Unione europea la Germania non ha mai avuto un tetto all’uso dei contanti e con lei ci sono altri Paesi che non lo hanno, come Austria, Cipro, Estonia, Finlandia, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo e Olanda.

Detto del tetto, sempre per restare ai contanti, un’altra coincidenza che suona come un contrappasso è l’indagine della magistratura belga (con tanto di valige piene di contanti ritrovate) che investe alcuni esponenti politici (di sinistra) del Parlamento europeo. Gli inquirenti ritengono che il Qatar e il Marocco gli abbiano trasferito denaro e offerte di regali di lusso per promuovere la loro immagine e svolgere attività di lobby.

Altra vicenda discussa è quella del POS (di cui questo settimanale si è già occupato nel numero scorso con un editoriale del direttore Claudio Brachino) ovvero la polemica sui pagamenti sotto i 60 euro senza l’obbligo di accettare il pagamento virtuale (carta o bancomat) da chi viene pagato, ad esempio un tassista.

Su questa misura si è aperta una discussione esagerata. Premesso che libertà vorrebbe che un cittadino o una cittadina potessero scegliere come pagare, se col pos o in contanti, la concentrazione di dichiarazioni sul tema del pos e dei limiti è sfociata in ideologia più che in una critica politica.

Di contrappasso in contrappasso, nel dare sempre e comunque contro alle scelte del governo di centrodestra, arriviamo infine ad un altro tema: l’evasione fiscale – che in Italia è oggettivamente un problema – e l’IVA. Molti media e giornali hanno titolato: all’Italia il record dell’evasione dell’IVA.

A parte che addossare ad un governo appena arrivato la responsabilità dell’evasione record è assai curioso, la cosa davvero tragicomica è che i dati sbandierati ai quattro venti riguardavano i calcoli relativi all’anno 2020 (l’anno dell’arrivo del Covid in Europa).

Un anno in cui gli Stati dell’Unione europea hanno perso 93 miliardi di euro per mancata riscossione dell’Iva, di cui almeno un quarto per frode e, in questo panorama, l’Italia è risultata la peggiore con un ammanco di 26 miliardi di euro. Sì, cari lettori, avete letto bene: anno 2020.

Che dire? Sarebbe il caso che i critici e gli oppositori del governo Meloni (e in democrazia l’opposizione è ingrediente indispensabile) anziché inseguire i pregiudizi, figli del giudicare prima, si attenessero ai fatti. E il fatto principale di questo governo riguarda la legge di Bilancio che dovrà essere approvata entro fine anno. Ebbene, misurino su quella ciò che condividono e cosa no delle scelte dell’Esecutivo. Si chiama far politica.