La Settimana Politica

Nuovo brand Italia: dietro il linguaggio dei nuovi ministeri

Scritto il

di Pasquale Napolitano

Al netto della rivolta della sinistra, la svolta lessicale del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nell’attribuzione della nuova denominazione delle deleghe ai ministeri, indica una strategia e un obiettivo.

La strategia è quella di presentarsi ai nastri di partenza con un’impronta rinnovata, che archivi il decennio di governi Pd-tecnici. L’obiettivo è quello di costruire un nuovo brand Italia che funga da barriera d’urto contro le ripercussioni sull’economia italiana della fase di incertezza e instabilità finanziaria.

Se le opposizioni si interrogano sul sesso degli angeli, il capo dell’Esecutivo tira dritto. I quattro pilastri su cui costruire il brand Italia sono la Scuola, l’Agricoltura, le Imprese e l’Energia. Sono i quattro asset strategici del “manifesto meloniano”. Non è un capriccio nostalgico. Ed ecco che allora la svolta lessicale si consuma proprio in questi quattro ministeri.

Al ministero dell’Agricoltura si aggiunge la “Sovranità alimentare”.

La sinistra grida al pericolo fascista. In realtà però la sovranità alimentare esiste già in Francia (Ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire). L’obiettivo è quello di costruire un modello di gestione delle risorse alimentari basato su principi di giustizia sociale, sostenibilità e autodeterminazione anziché su una mercificazione del cibo basata unicamente sulla massimizzazione del profitto. Offre una strategia per resistere e smantellare l’attuale regime commerciale e alimentare industriale.

La sovranità alimentare dà priorità alle economie e ai mercati locali e nazionali e potenzia l’agricoltura guidata dai contadini e dalle famiglie, la pesca artigianale, il pascolo guidato dai pastori e la produzione, distribuzione e consumo di cibo basati sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. È il muro contro Nutri-Score ed etichettature.

Secondo pilastro è il made in Italy: il governo vuole riportare sotto il controllo del ministero dello Sviluppo economico  (guidato da Adolfo Urso) la difesa del commercio estero. Decisione che sicuramente non piace al ministro degli Esteri ma che ha un orizzonte: il consolidamento del brand Italia.

L’idea è quella di costruire un modello di crescita basato sul traino dei distretti industriali italiani: la meccanica di Reggio Emilia, pelletteria e calzature di Firenze, oreficeria di Arezzo, tessile-abbigliamento di Prato, piastrelle di Sassuolo, alimentare di Parma, oltre che della manifattura di Lombardia e Veneto. E per fare ciò il neoministro Urso spiega: «Non esiteremo a ricorrere al golden power, per difendere i gioielli di famiglia dall’invasione predatoria straniera».

Terzo pilastro, la “sicurezza energetica” che fa capo nella nuova denominazione del ministero della Transizione ecologica: stop alla dipendenza energetica da Paesi come Russia e Cina e soprattutto l’obiettivo di riportare a casa, sul continente europeo, la produzione nazionale di alcuni prodotti cruciali: microchip, che si fanno solo a Taiwan, droni, ma anche batterie elettriche per le auto del futuro e pannelli solari. Nel piano meloniano c’è la sfida di fare dell’Italia l’hub energetico dell’Europa.

Quarto e ultimo pilastro, che poi è il primo: il Merito. Il ministero dell’Istruzione diventa dell’Istruzione e del “Merito”. Il progetto è quello di abbandonare l’idea sessantottina del livellamento culturale ed educativo creando una scuola che promuova i “Migliori Figli della Patria”.