Le opinioni

Autonomia differenziata: un nuovo centralismo

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di Luigi De Magistris (Politico e scrittore)

L’Italia in un momento così difficile avrebbe bisogno di unità, coesione sociale e riduzione delle disuguaglianze. Per poter ripartire con forza, come pure è nelle corde del popolo italiano. Nonostante il partito di maggioranza relativa si chiami Fratelli d’Italia e tradizionalmente sia ispirato alla patria e alla nazione, i segnali che provengono dal governo e dalla sua maggioranza non sono incoraggianti per l’armonia e l’uguaglianza del nostro Paese.

Sull’autonomia differenziata, infatti, si procede celermente, senza che vengano nemmeno previste risorse economiche effettive per garantire i livelli essenziali delle prestazioni. Ed anzi più risorse andranno a chi è più ricco e si regionalizzeranno materie che faranno venir meno anche la forza unitaria del nostro Paese: si pensi all’istruzione, all’ambiente, alle risorse naturali. Il disegno di legge del ministro Calderoli accentuerà la divisione in due del Paese, rischiando di spezzarlo.

Si rafforza l’idea di un Sud da sfruttare, con i suoi talenti giovanili che emigrano ed il territorio da colonizzare, in particolare come hub energetico che servirà al motore della locomotiva lasciando qualche compensazione economica per quelli che vivono sui vagoni che sono più merci che passeggeri. La forte regionalizzazione accentuerà ancora di più il disastro della sanità, come è emerso plasticamente durante la pandemia, mentre sarebbe invece auspicabile un ripristino della sanità pubblica nazionale uniforme in tutto il Paese, con la ricostruzione della filiera sanitaria territoriale (dagli ambulatori ai distretti, dai medici di medicina generale all’assistenza domiciliare, dal 118 alla telemedicina, dai reparti ai pronto soccorso, dalle terapie intensive alle assunzioni di giovani infermieri e medici).

Negli ultimi giorni, poi, la triste trovata del ministro dell’Istruzione Valditara che, oltre a pensare al finanziamento privato della scuola pubblica in modo da allontanarla sempre di più dal modello costituzionale, propone la differenziazione degli stipendi degli insegnanti a seconda della collocazione geografica in cui lavorano. Più soldi ai docenti del nord, meno a quelli del sud. Tali politiche sanitarie e dell’istruzione provocheranno ulteriori migrazioni verso nord.

L’obiettivo sembra proprio quello di desertificare ancora di più il Mezzogiorno, invece di sostenerlo con investimenti pubblici, infrastrutture, servizi. Questa politica di mortificazione del sud viene perseguita con la complicità di buona parte della classe dirigente meridionale dei grandi partiti e alimenta anche le strumentalizzazioni sulla pelle dei più poveri con politiche di assistenzialismo, che si rafforzano in virtù anche della mancanza di una politica industriale e del lavoro nel sud Italia.

Per ragioni apparentemente diverse, un sud che non si riscatta e si emancipa conviene ad opposti apparenti schieramenti della politica nazionale: tanto alle forze di centrodestra del governo quanto a quelle del centrosinistra di opposizione, che al sud hanno poi ben rappresentato il partito trasversale della spesa pubblica, così come i 5Stelle che oggi beneficiano del consenso elettorale sul reddito di cittadinanza. E quando accade che si mettono in campo vere politiche di autonomia, come è accaduto in questi anni nella città di Napoli, anche con un’importante sinergia pubblico-privato, scatta la reazione del sistema.

L’autonomia differenziata non è sintomo di libertà ed uguaglianza, ma di opprimente centralismo regionale con il fine di concentrare potere amministrativo, politico ed economico in poche mani, anche più facilmente controllabili. Con un fiume di denaro pubblico che arriva e gli appetiti voraci di chi preferisce avere a che fare non con un potere diffuso sul territorio ma concentrato in poche mani, nemmeno libere e chi sa anche se pulite. Chi vuole il riscatto dei territori e la partecipazione popolare dia invece forza ai sindaci e non a un centralismo burocratico regionale.