Le opinioni

Bonus e crescita oltre la logica dell’opportunismo

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di Giuseppe Pizzonia (Docente di diritto tributario) 

A tre settimane dal decreto che ne ha seriamente limitato l’operatività, i bonus edilizi sono ancora al centro dell’attenzione mediatica, mentre è in corso l’iter di conversione in legge. Il tema è caldo, sotto vari aspetti. Sul piano della finanza pubblica, sono emerse nei giorni scorsi le serie ragioni che hanno costretto il governo a mettere uno stop alle cessioni dei crediti d’imposta. Non solo il costo assai superiore alle previsioni, ma anche questioni contabili. Dopo i chiarimenti di Eurostat sulla contabilizzazione dei crediti da bonus, l’Istat ha dovuto rideterminare in peggio il deficit di competenza dei bilanci statali dell’ultimo triennio.

Particolarmente rilevanti gli scostamenti del 2021 (dal 7,2% al 9%), e soprattutto del 2022 (dal 5,6% al 8%); incrementi che probabilmente si tradurranno in maggior debito pubblico negli anni a venire. Senza una decisa frenata, i margini di azione per la finanza pubblica nel 2023 sarebbero stati praticamente azzerati, con conseguenze anche per il futuro, non compensate da una crescita del Pil verosimilmente meno brillante rispetto ad alcune entusiastiche proiezioni.

Messa in sicurezza la finanza pubblica, i problemi non si sono magicamente risolti. La disintossicazione da bonus non potrà essere indolore, tanto per le imprese del comparto edile, che con ingenuo ottimismo hanno scommesso sulla prosecuzione della misura, quanto per le famiglie che non hanno fatto in tempo a fruire di elargizioni così generose. I problemi maggiori sono per chi è a metà del guado, ha interventi programmati e rischia di non poter più cedere il credito.

Tutti sperano sulle modifiche parlamentari, ma i margini sono stretti. Dovrebbe essere tutelata la posizione delle fasce più deboli (ammesso che abbiano potuto concretamente fruire degli incentivi), e degli incapienti che non hanno abbastanza imposte per compensare i bonus; deroghe potrebbero arrivare per sisma-bonus, case popolari e terzo settore, anche allungando i tempi per la cessione. Necessario un intervento per l’edilizia libera (infissi, impianti termici, fotovoltaico); anzitutto, perché è previsto un concorso finanziario degli interessati, che riduce il rischio di abusi; poi perché è più difficile ancorare la cedibilità all’avvio dei lavori. Sarebbe ragionevole tener conto di chi ha già versato acconti ed è solo in attesa della consegna e dell’esecuzione dei lavori; trattandosi di pagamenti tracciabili, non sarebbe difficile trovare una soluzione. Diversamente, c’è il rischio di contratti saltati, disdette, lavori bloccati e liti giudiziarie: un caos che non gioverebbe a nessuno.

Rimangono altri due temi. Uno che precede l’ultimo decreto, e uno proiettato nel futuro. Da tempo, era (ed è ancora) difficile cedere i crediti già maturati, semplicemente per mancanza di compratori disponibili. Banche e operatori finanziari sono restii a fare ulteriori acquisti per il timore di frodi e per esaurimento del plafond di tributi compensabili. Il governo, con il Parlamento ed il sistema bancario, sta cercando soluzioni per mobilizzare questi crediti. Quanto al futuro, non vi è dubbio che il patrimonio immobiliare deve essere modernizzato, anche in funzione degli ambiziosi obiettivi green europei. Occorreranno molte risorse. La sfida sarà passare dalla «logica pericolosissima» dei bonus perché basata «sull’opportunismo», così definita dal Cardinal Zuppi, a positive e concrete opportunità per lo sviluppo e il benessere delle generazioni future. Non sarà facile.