Le opinioni

La fiducia verso i dipendenti è legata alla buona gestione

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di Umberto Rapetto
(Generale Gdf – già comandante Nucleo Speciale Frodi Telematiche)

Un piccolo ma celeberrimo istituto di credito sta festeggiando un risultato insperato che premia il coraggio manageriale e la determinazione nel perseguire gli obiettivi più ambiziosi. Una storia recente che può aiutare chi gestisce un’impresa ed è legittimamente frastornato dal peso delle decisioni, dalle urgenze quotidiane, dai presunti vantaggi tecnologici, dalle chiacchiere dei sedicenti consulenti, dal proprio staff intimidito dai cambiamenti di rotta, dai timori di rischi in tema di sicurezza.

Un indifferibile progetto stimato in sei mesi di lavoro e 150mila euro da spendere è stato bloccato quando – a seguito di una serie di ponderate valutazioni in seno al processo di reingegnerizzazione organizzativa – il vertice aziendale come il noto “uomo Del Monte” ha detto “sì” alla proposta di “fermare i motori” e cambiare rotta. Un atto apparentemente ardito ha ribaltato lo scenario. Anziché percorrere il certamente più comodo itinerario suggerito da un fornitore che comunque offriva garanzie di tagliare il traguardo con tempi e costi ben dettagliati, il management ha ritenuto di giocare la carta dell’individuazione di nuove energie da iniettare nell’organigramma e di affrontare la sfida dello sviluppo interno. Una rapida ma rigorosa selezione di specialisti di alta qualità ha portato a individuare soggetti che – pur tutti “primi della classe” – fossero capaci di fare squadra accettando la rispettiva complementarietà.

Lo chiamano intuitu personae, qualcuno se la sbrigherebbe parlando di fortuna. La ricerca di risorse umane ha tenuto conto che si trattava di “risorse” e soprattutto non ha dimenticato che erano “umane”. E la magia si è compiuta.

L’ingaggio delle “new entry” è stato un accordo musicale più che contrattuale, quasi si fosse ricorso a un diapason per armonizzare i nuovi strumenti con un’orchestra con parti e ruoli stabilizzati da tempo. La capacità di direzione ha saputo guidare gli “ultimi arrivati” sfruttandone al meglio le capacità con dinamiche di valorizzazione davvero di pregio.

La fiducia è stata la prima moneta e la più importante dimostrazione si è avuta consentendo l’esecuzione da remoto di attività di progettazione e programmazione. Una difficoltà famigliare di una delle “reclute” non consentiva la sua presenza fisica sul fronte: mai guerriero è riuscito a dimostrare tanta indomita forza al fianco di chi in ufficio lavorava con lui quasi fossero seduto uno a fianco all’altro.

Venti giorni (sabato e festivi inclusi) sono bastati ad arrivare alla presentazione di un prodotto applicativo in grado di fare più di quanto si potesse pretendere. A dispetto della tradizionale poca simpatia che lega gli informatici al resto dell’impresa, per la prima volta il sorriso era sulla bocca di tutti. Solo in quel momento ci si è accorti che a festeggiare il risultato mancava uno dei suoi artefici, non latitante ma semplicemente bloccato a casa. Non è una fiaba partorita dalla fantasia di un immaginifico narratore, ma il resoconto di una vicenda in cui le emozioni addolciscono la fatica.

Due sono le lezioni. La prima è la seria selezione e la buona gestione della popolazione aziendale: il personale – normalmente in vetta alla graduatoria dei rischi tecnologici e delle correlate preoccupazioni – può non riservare sorprese. La seconda riguarda il timore di non poter avere il diretto controllo materiale del dipendente. Se il lavoratore è “lavoratore” può stare ovunque perché – a costo di usare i segnali di fumo in assenza di connessione – non deluderà le aspettative.