Le opinioni

L’eterno ritorno di un ponte nel deserto

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di Luigi De Magistris (Politico e Scrittore)

Calabria e Sicilia hanno bisogno di tutto, dello Stato e oggi anche di un Pnrr gestito con onestà, concretezza e visione. Non hanno bisogno del ponte sullo stretto che non si farà mai e sarà l’ennesimo spreco di denaro pubblico per ingrassare solo progettisti, consulenti, grandi lobby nazionali del cemento e distruggere un panorama unico al mondo in una delle zone più sismiche d’Europa.

Il ministro Salvini a cui tanto piace, non è l’unico purtroppo, farebbe bene a girare per la Calabria e per la Sicilia e rendersi conto di come i governi, nazionali e regionali, negli anni abbiano fatto molto poco e male. E che la gente non vuole più aspettare opere che non si faranno, ma attende invece servizi che si potrebbero offrire in poco tempo.

Per la Sicilia è sufficiente percorrere l’autostrada Messina-Palermo, a pagamento, con decine di cantieri fermi da anni e buche a macchia di leopardo. Per la Calabria basta percorrere la 106 Jonica, che collega Reggio Calabria a Taranto, chiamata strada della morte per il numero impressionante di incidenti e omicidi stradali.

Per non parlare dei treni: farebbe bene qualche ministro a prenderli in Sicilia e in Calabria. Troverà in diversi luoghi un’unica linea ferrata non elettrificata con locomotive diesel, ci manca poco che non siano ancora a carbone con lo schiavo con la pala. Gli aeroporti, in particolare quelli calabresi, che peggiorano di anno in anno: Crotone praticamente chiuso e Reggio con pochissimi voli, Lamezia poi mal collegata da e per l’aeroporto con le altre città.

Il denaro pubblico e lo stesso Pnrr doveva – e deve – ancora servire per la transizione ecologica e in primo luogo per la sanità pubblica che è stata massacrata. Ci sono luoghi del Sud in cui per raggiungere il primo pronto soccorso ci vogliono due ore. E quando si arriva deceduti risulta pure statisticamente la morte per arresto cardiocircolatorio quando invece è un omicidio, se uno stato o una regione non garantiscono il primo diritto di una persona, quello alla vita e alla salute.

Vogliamo parlare delle infrastrutture della mobilità, dei servizi ambientali, delle reti digitali? Ma il governo non vuole evidentemente lo sviluppo del Paese unito nelle sue diversità, ma il business della grande opera e tutti i faraonici interessi economici che ruotano attorno. Non interessa, invece, rimettere in moto l’economia locale, quella circolare, le piccole e medie imprese, l’artigianato, l’agricoltura, le start-up di giovani meridionali, incentivare gli investimenti al Sud di imprenditori italiani e stranieri.

Una politica concreta e visionaria coglierebbe le potenzialità del Sud liberato da interessi opachi. Vedete la Napoli degli ultimi dieci anni, diventata una delle città più attrattive del mondo. È bastata liberarla dalla politica indegna, che però ci mette poco a ritornare. Per il ponte vogliono il fiume di denaro pubblico per cementificare rapporti opachi sui quali le mafie siciliane e calabresi sono maestre a costruire relazioni. E oggi si pensa più a convivere con le mafie di ultima generazione che a contrastarle.

Gli sprechi delle grandi opere accompagnate da poteri emergenziali li conosciamo bene e sappiamo come politica e mafie operano bene quando hanno mani libere per avere le mani in pasta. Stanno poi progettando una nuova colonizzazione del Sud sull’energia, invece di valorizzare un’economia Meridionale sostenibile con la fortuna di avere una quantità e qualità enorme di energia pulita e terreni ottimi da utilizzare e non da sfruttare. La nuova colonizzazione rafforza poi l’emigrazione di giovanissimi talenti.

Il ponte non serve e non è fattibile. Fate altro e fate presto. Servirebbe un ponte diverso, certo non l’autonomia differenziata, fatto di coesione e cooperazione per unire nelle diversità, anche economiche, il nostro Paese.