Le opinioni

L’occupazione record in America e la carica delle piccole imprese

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di Ernesto Sirolli (docente e consulente di economia aziendale)

La notizia devastante per gli economisti contrari al governo Biden è che l’economia Usa ha creato 518mila nuovi posti di lavoro solo a gennaio! Un sondaggio di esperti, di ogni colore politico, ne aveva previsti 180mila. Il tasso di disoccupazione è sceso al 3,4%, il più basso dal 1969 e l’inflazione scende, lenta ma consistente.

Che diavolo succede? Nessuno lo sa, come il sondaggio di opinione chiaramente ha dimostrato, ma tutti ne parlano. La Harvard Business Review se n’è uscita con il titolo: Sfortunatamente l’economia americana è forte. Molto meglio, direi, che scrivere: Fortunatamente l’economia americana è debole! Roy Insana, commentatore finanziario in opposizione alle teorie conservatrici, scrive: «Distruggere il villaggio per salvarlo, un’antica strategia di guerra, è effettivamente ciò che questi economisti chiedono». Alzare i tassi di interesse al punto di provocare una recessione, aggiunge Roy, aumenterà «il tasso di disoccupazione, i lavoratori occupati perderanno il posto a salari dignitosi, per tornare, dopo una recessione, agli stessi lavori ma a salari più bassi. Questa è la ricetta politica più fuorviante sentita in 39 anni di economia».

Gli animi si surriscaldano, la retorica, sia a Washington sia nel resto del Paese, è caustica e, per capirne di più, chiamo due amici californiani che di professione si occupano di reclutamento di personale.

Dave Sanders è manager partner di WorldBridge, organizzazione globale di ricerca e consulenza sul personale con 18 uffici negli Usa. «Hai visto i numeri dei posti di lavoro a gennaio?».  Prima ci ride sopra, poi, seriamente, dice che tutti i loro uffici sono occupati a riempire ordini: «Ci aspettavamo attività nell’industria dell’ospitalità, linee aeree e turismo, ma ne registriamo tante nel settore tecnologico. Nonostante le grandi Tech Companies abbiano tagliato il 10% della forza di lavoro vediamo una marea di Pmi a caccia di tecnici».

Sanders parla di come il post Covid sia stato caratterizzato da un fenomeno di rightsizing, ridimensionamento dei giganti della tecnologia (Apple, Google, Twitter, Microsoft, Facebook), specialmente nei quadri intermedi. «Dove vanno tutti questi tecnici?», chiedo a Sanders. «A lavorare in progetti e aziende più interessanti che offrono miglior stile di vita e condizioni di lavoro, specialmente il lavoro da remoto». Eh sì, perché qui le grandi aziende possono licenziare lavoratori con 20 anni di anzianità via sms, ma è anche vero che gli impiegati si dimettono senza rimorsi, alla ricerca di stipendi più alti o affitti più bassi o lavoro più comodo o più interessante o tutte e quattro le cose.

Chiamo Dane Groeneveld, Ceo e funding partner di HUDDL3 Group, all’avanguardia nel settore della formazione e selezione delle Risorse Umane. Pongo anche a lui la domanda sui nuovi posti di lavoro. Mi risponde dicendo che i tremori, dopo il terremoto Covid, continueranno a farsi sentire per i prossimi anni. Dane crede che sia la paura di una recessione a spingere dipendenti e manager a creare solide e funzionanti situazioni di lavoro futuro: «È proprio l’aspettativa dei tempi più duri che spinge i manager a creare team competitivi», spiega. «Le vecchie tecnologie non basteranno, in una recessione, a tenere la luce accesa. I dipendenti, a loro volta, dicono che questo è il momento di prepararsi per il cattivo tempo, cercano un’occupazione migliore, una casa in un’area più economica, magari riducendo i costi del pendolarismo e, idealmente, lavorando da casa qualche giorno a settimana». Osserva poi che per Amazon, che aveva assunto durante il Covid 800mila impiegati, lasciarne andare il 10% non è una crisi, ma un consolidamento. Le persone che Amazon ha lasciato andare erano in amministrazione, HR e supporto al back office, proprio quelli necessari per trovare, formare e impiegare 800mila persone in tempi brevissimi. Chiedo: «Chi sta impiegando tutte queste persone?». «Le Pmi. Hanno compreso che se non offrono le migliori tecnologie non ce la faranno a competere».

Dane mi fa capire che una Pmi che nel passato non ha mai avuto il problema di distribuzione di prodotti, in un futuro prossimo, per esempio, dovrà conoscere e impiegare sistemi di logistica che il vecchio personale non sa gestire. Le aziende cercano figure essenziali per la sopravvivenza dell’impresa e il lavoratore si aspetta condizioni migliori. Mi lascia con la frase: «Talent has Agency!», il talento è sovrano. Mi ricorda una start up di cui Sanders mi aveva parlato. Dave è nel cda di Clapself, organizzazione che dà opportunità di lavoro indipendente ai professionisti IT di tutto il mondo, con una visione chiara: unisciti a una rete globale in rapida crescita di professionisti che usano un approccio indipendente e imprenditoriale al loro lavoro. Cioè? Clapself offre stipendi fissi o part-time secondo le esigenze. Trova lavoro, dà opportunità di crescita, paga le tasse d’impiego, organizza la previdenza sociale e la pensione! L’idea è che, se sei bravo a fare quello che fai, puoi lavorare in più aziende, su progetti diversi, da casa tua, a stipendio fisso con un solo datore di lavoro. Talento sovrano davvero!