Le opinioni

Nuovo governo al varco: tante promesse ma la coperta è corta

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di Giuseppe Pizzonia (Docente di diritto tributario)

Il nuovo governo ha appena ottenuto la fiducia in Parlamento, sulla base di un programma articolato, ambizioso, e allo stesso tempo fondato su una buona dose di realismo. Superato questo passaggio costituzionale, ci si chiede quali saranno i primi provvedimenti sul fronte economico e fiscale, soprattutto per le Pmi e le professioni, che molto si attendono da questa maggioranza.

Certo, la maggiore attenzione sarà rivolta ai temi del caro energia e più in generale degli aiuti a famiglie e al mondo produttivo. Ma non possono essere dimenticati i temi fiscali, già a partire dalla legge di bilancio 2023, da predisporre senza indugio.

La passata legislatura ha lasciato in eredità un progetto di legge delega per la riforma fiscale, passaggio necessario in quanto previsto dal Pnrr. Tra le varie misure, la revisione delle aliquote Irpef, la neutralità nel trattamento delle varie tipologie di redditi dall’impiego di capitali, la revisione delle detrazioni e deduzioni, la semplificazione degli adempimenti dichiarativi e di versamento, la revisione del reddito d’impresa per uniformarne la tassazione indipendentemente dalla forma giuridica od organizzativa prescelta, il superamento dell’Irap, l’eliminazione dei micro-tributi (che rendono poco, ma pesano molto per oneri e adempimenti). Tutte misure importanti, che ragionevolmente potrebbero essere riproposte, almeno in parte.

Altre possibili suggestioni per i provvedimenti in gestazione potrebbero venire dal programma elettorale della coalizione vincitrice. Come si ricorderà, infatti, la coalizione di centrodestra ha condiviso e pubblicato uno schematico programma comune articolato in quindici punti. Ed è proprio nel programma di coalizione che si afferma importante un principio di pari dignità tra pubblica amministrazione e cittadino, che certo può essere declinato anche in campo fiscale.

Più nel dettaglio, sono tre i provvedimenti che hanno destato maggiore interesse e rappresentano la cifra caratteristica del programma elettorale dei vincitori:

  1. una nuova pace fiscale (saldo e stralcio);
  2. l’estensione della flat tax, in termini quantitativi (fino a 100 mila euro) e soggettivi (anche per le famiglie), ma con declinazioni diverse tra i vari partiti;
  3. una agevolazione per l’occupazione (più assumi, meno paghi).

A queste proposte, non prive di criticità, sul piano del gettito – le sanatorie fiscali degli ultimi anni hanno avuto esiti inferiori alle aspettative – e delle coperture – la flat tax estesa può costare tanto, forse troppo per le disponibilità attuali – se ne aggiungono altre formulate dai singoli partiti della maggioranza: dal quoziente familiare alla detassazione degli straordinari, al concordato preventivo, proposti da FdI; dall’abolizione dell’imposta sulle successioni e donazioni, proposta da FI, all’abbattimento dell’Iva sui beni di prima necessità, proposta dalla Lega.

Aleggia poi un’ipotesi di emersione del contante non dichiarato. Una misura dagli esiti incerti, e dai molti rischi, perché connessa al tema del riciclaggio. Se questo non viene coperto dalla sanatoria, la misura è poco appetibile, perché l’adesione potrebbe essere considerata come una autodenuncia; se invece viene coperto, può trasformarsi in un regalo alle mafie. Da meditare bene.

Tutti infine promettono, giustamente, la riduzione della pressione fiscale per famiglie, imprese e lavoratori autonomi, ma non spiegano come.

Vaste programme, avrebbe – forse – detto De Gaulle.