Le opinioni

Saperi, valori e storia arricchiscono la comunità

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di Alessandro Paciello (Formatore e Opinionista – Presidente Aida Partners e Innovazione Circolare)

In questo giornale trattiamo spesso e volentieri il tema dell’Economia della Conoscenza, tanto da averla fatta diventare un’apposita e dedicata sezione che racchiude articoli e interviste che a questa si riconducono.

La definizione “Economia della Conoscenza” risale a un economista, Peter Drucker, che ci si riferisce con riguardo a concetti, valori, produzioni, trasformazioni e trasferimenti che fanno perno sulla conoscenza in ogni sua forma. In realtà, sono diversi i pensatori – economisti, sociologi, filosofi – che sono poi in diverse riprese tornati sul tema, arricchendolo con pensieri e studi.

Fondamentalmente, l’Economia della Conoscenza, studia come i saperi, la cultura, i valori, la storia degli esseri umani si possano poi tradurre in economia e, perciò, in un arricchimento delle comunità e in un reale contributo fattivo all’evoluzione umana.

Questo è il senso che più ci piace approfondire grazie al contributo dei pensatori che su “il Settimanale” intervistiamo. L’interrogativo a cui ci interessa dare una risposta è: quale società e comunità potremo avere una volta che il cosiddetto “capitalismo finanziario” avrà mostrato, come sta facendo, tutti i suoi oggettivi limiti nel garantire un futuro possibile alle genti di questo Pianeta? Quale domani, veramente e realmente “sostenibile”, nel senso ampio e umanistico del termine, potremo proporre alle generazioni che verranno? Come evitare l’avvento del “transumanesimo”, a nostro giudizio aberrante possibilità, come possibile risolutore delle problematiche che il genere umano sta attraversando in questo momento storico del nostro Pianeta?

Per poter dare una risposta a queste domande, impellenti e inevitabili visto il deteriorarsi dei rapporti umani e ambientali nei quali siamo immersi, dobbiamo in modo multidisciplinare alimentare il dibattito su cosa potremmo fare per salvare il salvabile e magari migliorare il prossimo futuro rispetto a questo, decisamente deprimente, presente.

E qui dobbiamo andare ben oltre la visione degli economisti per approcciare invece temi sociologici, filosofici e, aggiungo io, soprattutto “spirituali”. Seneca amava ripetere che “il denaro non ha mai fatto ricco nessuno”. Forse con questo apparente paradosso cominciamo a farci i conti, come umanità sull’orlo di un baratro. Dobbiamo riscoprire perciò l’intangibile, la “materia immateriale”, i sentimenti, il valore del pensiero del cuore che vada oltre quello della mente. Non c’è più tempo per proseguire negli errori – e orrori, direi – che ci hanno fin qui condotto. Konrad Lorenz, ne “Gli Otto Peccati Capitali della Nostra Civiltà”, sosteneva che: «Credere che faccia parte del patrimonio stabile di conoscenze dell’Umanità soltanto ciò che è comprensibile per via razionale, o addirittura soltanto ciò che è scientificamente dimostrabile, è un errore che comporta conseguenze disastrose. Ed è anche l’errore che induce la gioventù ‘illuminata alla scienza’ a gettare a mare l’ingente tesoro di conoscenze e di saggezza contenuto nelle tradizioni di tutte le antiche culture e nelle dottrine delle grandi religioni universali».

Quindi, nell’Economia della Conoscenza, per come la intendiamo, dobbiamo andare oltre i dogmi imposti, le “verità assolute” di una scienza tecnocratica che ci viene calata dall’alto da un’élite dispotica. Dobbiamo reagire e opporci ai «genocidi culturali in corso, che non possono che condurre a genocidi umani e a distruzioni ambientali», come ben ricordava su queste pagine il sociologo Michelangelo Tagliaferri da noi intervistato (sul numero 8 del Settimanale, Ndr). Perché senza la memoria, che genera la cultura di cui l’Umanità ha bisogno, come diceva Lorenz, si perde il filo della storia, quell’aurea di saggezza che deve permeare l’atmosfera dei popoli in cammino sulla china dell’evoluzione, mai facile per il pendio, ma di inevitabile percorso spiritualmente. Quel “filo rosso”, come lo definiva Tiziano Terzani, che unisce i fatti della Vita e li rende “sincronici” in una visione junghiana.

Per farcela, dobbiamo elevare lo sguardo e volare in alto verso le stelle del firmamento. Per dirla con Friedrich Nietzsche: «Fino a che continuerai a sentire le stelle ancora come cosa al di sopra di te, ti mancherà lo sguardo dell’Uomo che possiede la conoscenza».

Quindi, proviamoci, andiamo oltre la materia che ci ha annichilito anime e cuori nell’Era dei Pesci, conclusasi con un terribile e tragico XX secolo, e conduciamoci – tutti insieme – verso un’Era dell’Aquario che, come dissero alcuni risvegliati pensatori del passato, “o sarà spirituale e mistica o non sarà affatto”. Il rischio, infatti è proprio quello di non riuscire a compiere la svolta. Ecco perché, come mi capita di dire spesso, più che di una continua e parossistica corsa verso le innovazioni tecnologiche, protese assurdamente verso un’irraggiungibile immortalità, abbiamo bisogno di “innovatori sociali”, cuori e pensieri di chi riesce a elaborare un progetto di società nuova e possibile. Una società del Terzo Millennio. Una comunità da Era dell’Aquario!