Scenari

Elezioni in Lombardia, Ghidorzi: focus su margini e servizio pubblico

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di Gabriele Politi

Mara Ghidorzi, 41 anni, sociologa, responsabile politiche di genere dell’AFOL Metropolitana di Milano. Corre per la presidenza della Lombardia con il partito fondato da Luigi De Magistris

Come è nata la sua candidatura alla presidenza della regione più ricca dItalia?

Anche nella regione più ricca d’Italia è necessario dare voce a chi questa ricchezza non la vede.

Unione Popolare nasce proprio con l’obiettivo di rimettere i margini al centro, ovvero chi è lontano dai riflettori perché non funzionale alla retorica dell’eccellenza lombarda.

Per questo Unione Popolare ha deciso di presentarsi a queste elezioni regionali, nonostante tutte le difficoltà di una raccolta firme da realizzare sotto le feste.

Non è stato possibile trovare un accordo con il centrosinistra e il suo candidato Majorino o non ci avete nemmeno mai pensato?

No, in questi anni abbiamo visto come le politiche del centrosinistra, dove governa o amministra, vanno tutte nella stessa direzione, privilegiare chi ha di più a discapito di chi vive ai margini.

Pensiamo ad esempio al tema del lavoro, con leggi che lo hanno reso sempre più precario e sottopagato, avvantaggiando chi invece ha creato ricchezze grazie allo sfruttamento.

Se parliamo invece di un’importate città che amministra, Milano appunto, vediamo come ad esempio le politiche sulla mobilità vadano ad avvantaggiare chi può permettersi di comprare l’auto nuova, mentre allo stesso tempo si aumenta il costo del biglietto dei mezzi.

Se volessimo focalizzarci sulla Regione Lombardia, credo fortemente che tutto ciò che il centrodestra ha fatto, e che ha avuto un forte impatto nello disgregazione del tessuto sociale dei margini, lo ha potuto fare anche grazie alla non opposizione del centrosinistra.

Lei è sociologa e si occupa storicamente di tematiche legate allinclusione e ai diritti. Quali sono i punti salienti del suo programma su temi cruciali quali sanità, lavoro, casa e trasporti?

Nel nostro programma la linea comune a tutti i temi è quella di tornare a investire nel pubblico. Oggi purtroppo è visto come un carrozzone burocratico lontano dalle esigenze delle persone. Ciò è dovuto al progressivo orientamento a lasciare la gestione del bene comune alla libera iniziativa privata, che ha finito con l’anteporre i profitti ai bisogni delle persone.

Quindi nello specifico, parlando di sanità, di rompere progressivamente con il modello dell’accreditamento, il privato faccia il privato, il pubblico faccia il pubblico.

Investire in una seria infrastruttura di trasporto pubblico, e in un sua gestione più efficiente, che renda il mezzo pubblico più veloce ed economico rispetto al mezzo privato.

Sul tema del lavoro e delle politiche è necessario abolire il meccanismo della dote, che ha visto solo uno spostamento di risorse verso le agenzie private, senza che ciò garantisse un lavoro stabile, sicuro e dignitoso.

Idem per quanto riguarda la casa, bisogna tornare ad investire nell’edilizia popolare pubblica, iniziare con un piano di almeno 100mila alloggi, a partire dal recupero dei 50mila oggi sfitti perché in stato di abbandono. È inoltre necessario recuperare tutti quegli edifici oggi abbandonati per ridargli una nuova vita verso un’edilizia a basso costo, se necessario anche attraverso espropri. Non si capisce perché si possano tranquillamente espropriare terreni agricoli attivi, per costruire inutili autostrade, mentre sia impossibile espropriare edifici abbandonati anche da molti anni.

A cosa metterebbe mano subito se dovesse salire al piano più alto di Palazzo Lombardia?

Il primo passo sarebbe in ambito sanitario, sulle liste d’attesa. Inizierei a mettere in pratica il nostro modello a partire dal vietare al privato la possibilità di usare la doppia agenda per gli appuntamenti. Se una clinica è accreditata e prende soldi pubblici, deve garantire le prestazioni pubbliche richieste, prima di poter proporre le stesse prestazioni privatamente.

La Lombardia è la regione con il più alto numero di piccole e medie imprese in Italia. Pandemia e guerra hanno creato anche qui molte difficoltà unite a nodi tradizionali quali tassazione, burocrazia e mismatch tra domanda e offerta delle risorse. Quali sono le politiche che ha in mente per il mondo produttivo del territorio?

Sicuramente il problema della burocrazia è serio. Tutti parlano da tanti anni di semplificazione, ma vediamo come questa semplificazione sia praticata solo per le grandi opere, i grandi eventi e i mega progetti che devastano il territorio.

Per le piccole realtà invece continua ad essere complicato fare anche le cose più basilari per portare avanti l’attività. Ciò significa anche dover spendere un sacco di soldi per esperti, carte e nel caso anche ricorsi, che alla fine vanno ad impattare negativamente sul lavoro.

Inoltre, l’innovazione e la ricerca sono temi cruciali, su cui purtroppo anche in Lombardia stiamo facendo molti passi indietro. Il problema riguarda proprio le Pmi che non possono investire in ricerca. L’abolizione del sistema a dote permetterebbe di liberare un sacco di risorse del Fondo sociale europeo utili per azioni di sistema che possano coinvolgere le Pmi, le università, la formazione professionale e i centri di ricerca.

Esiste ancora secondo lei un modello lombardo”? Ne ha mente uno suo?

Il modello lombardo esiste ed è purtroppo un modello che crea disparità e marginalità, proprio perché basato fortemente sul privato. Un modello che premia solo chi se lo può permettere, e che non è in grado di dare risposte a chi ne ha bisogno.

Certo, le eccellenze non mancano. Ovviamente dove c’è ricchezza si creano i presupposti affinché le eccellenze possano emergere ed esprimersi. Ed è proprio su questo che si basa la retorica del modello lombardo. Mettere qualche eccellenza sul piedistallo e nascondere i problemi dei margini.

Il nostro modello vuole invertire questo paradigma, rimettere il pubblico al centro dell’agire politico in tutti i campi d’azione della Regione, al fine di ridare centralità ai margini della società.

Qualcuno ci può dire che il nostro è un programma utopistico e costoso. Noi rispondiamo che nella regione più ricca d’Italia, i soldi non possono essere un problema. Il problema è piuttosto come li spendi.

Che risultato si aspetta verosimilmente dal voto del 12-13 febbraio?

Ovviamente, guardando le cose realisticamente non possiamo ambire alla presidenza della Regione. Ciò su cui puntiamo è un buon risultato elettorale che ci dia un buon numero di consiglieri regionali al fine avere in Consiglio una vera opposizione popolare. Proprio ciò che è mancato in consiglio in questi anni di dominio del centrodestra.