Scenari

Mori: «La criminalità è cambiata»

Scritto il

di Chiara Giannini

«La criminalità è cambiata. Per combatterla serve la volontà di farlo. E per farlo bisogna dare fiducia agli operativi, non ai cosiddetti “culi di pietra”»: il generale Mario Mori, colui che fu artefice della cattura di Totò Riina, ex capo del Sisde e fondatore del Ros dei carabinieri, non usa mezzi termini.

Generale, partiamo dagli anarchici. Con la storia di Cospito, in sciopero della fame perché in regime di 41 bis, si sono scatenati. C’è il rischio di un ritorno agli anni di piombo?

La storia dell’anarchia risale a più di due secoli fa e l’anarchico è pericoloso per una persona, per una vicenda. Mi spiego meglio: lei transita in una strada, quello fa saltare la cassetta della posta e lei muore. Ma non c’è mai nella storia dell’anarchia qualcosa che sia proprio una rivoluzione che abbia coinvolto l’istituzione Stato. Le Brigate rosse miravano, invece, a sovvertire lo Stato e impadronirsi delle istituzioni. La cosa è ben diversa.

Al 41 bis ci sono anche molti mafiosi. Anche loro appoggiano la battaglia di Cospito, pare. Pensa che il ministro della Giustizia Carlo Nordio abbia fatto bene a tenere la barra dritta su questo punto?

È un’altra costante della mafia, questa. Perché il 41 bis è stato istituito e risistemato e questo è il loro cruccio, la spada di Damocle che pesa sulla loro testa, perché la carcerazione è un sistema afflittivo, ma il 41 bis lo è molto più della carcerazione. Il ministro Nordio fa benissimo a tenere la barra dritta su questi concetti, perché ci vogliono dei punti chiari che tutti sappiano sono irrinunciabili, per cui non si discute nemmeno.

Parlando sempre di mafia, perché c’è voluto così tanto tempo per arrestare Matteo Messina Denaro?

Ci sono sicuramente una serie di concause, perché il criminale, in questo caso Messina Denaro, è prima di tutto un mafioso e dietro alla figura del mafioso c’è una cultura deviata, ormai retriva, in via di sfarinamento, ma che è una cultura. Quindi, il mafioso che vive nel suo mondo – e lo ha dimostrato ancora una volta, per l’ennesima volta, questa vicenda, poiché Messina Denaro lo hanno preso a casa sua – gode intorno di un tipo di protezione indiretta che è data dal condividere certi principi. Gode quindi di un sostegno, ma questo è solo un aspetto. Poi bisognerebbe vedere come si è cercato. Guardi, io ho catturato Totò Riina e posso dirle che prima di me non lo ha cercato nessuno. E mi spiego. Un conto è fare l’ufficiale di polizia giudiziaria a Palermo, Catania o a Napoli. Io cerco latitanti, ma mentre cerco il latitante devo fare tante altre cose, come controllare lo spacciatore, i traffici dei tabacchi lavorati esteri, devo fare mille cose e quindi spendo le mie forze in un sacco di rivoli, certamente tutti leciti, tutti regolari. Per catturare uno come quello ci vuole una task force dedicata esclusivamente alla cattura del grande latitante. Quello che ho fatto io nell’agosto del ‘92, arrestando Riina dopo 4-5 mesi, nel gennaio ‘93, richiede un grande impegno.

Con questo ci vuole quindi dire che non c’è stata la volontà, per lungo tempo, di catturare Messina Denaro?

Spiego. Ma chi è che non vuole catturare Messina Denaro? Tutti lo volevano catturare perché significava poi portarsi la medaglia in giro per il mondo, ma il problema è che bisogna avere la testa e capire di investigazione, e non lasciare il tutto a qualche generale o qualche prefetto.

La mafia di oggi è cambiata o è quella di un tempo?

Direi che è diversa. Messina Denaro è l’ultimo epigono di quella mafia operativa che attacca sul terreno le persone normali delle istituzioni. Ormai la mafia si sta evolvendo in una sorta di “sentire mafioso” che purtroppo si è diffuso non solo nelle regioni tipiche in cui è sempre stata, ma è arrivata anche nel nord Italia e forse in altri Paesi tipo Germania o Australia, dove è fortissima. Quello che voglio dire è che è sempre meno truculenta e più sottile. Purtroppo, ormai, questo modo di ragionare mafioso si è diffuso a chi era solo una volta criminale e adesso usa anche le modalità tipiche del mafioso. Al limite è peggiorata la questione.

Che cosa può comportare questo peggioramento?

Nella società può sicuramente portare a un’insicurezza maggiore che è meno percettibile perché un conto è che ti faccio saltare a Capaci e tu ti rendi conto di chi hai di fronte e del pericolo, un conto è questo modo sottile di inserirsi nella realtà sociale, che a lunga distanza è più pericoloso.

In casa di Messina Denaro sono stati trovati anche libri su Putin. Possibile che ci fossero contatti con la Russia?

No guardi, questo non è possibile. Messina Denaro è un quid pluris rispetto alla maggior parte dei mafiosi, quindi secondo me era affascinato dal personaggio di Putin. E dalla potenza della sua aggressività.

Come si può sconfiggere la mafia oggi secondo il generale Mori?

Questa è sicuramente la domanda numero uno. Bisogna avere continuità nell’azione di contrasto. Io l’ho vissuta perché nasco nel periodo del primo terrorismo. Il problema è che dopo un successo in Italia si passa oltre. Bisogna invece mantenere le strutture di contrasto.

Pensa che abbiamo uomini validi per farlo?

Abbiamo dei validissimi uomini, solo che li dobbiamo impiegare bene. Il problema è proprio questo. Abbiamo molti investigatori brillanti, ma bisogna dargli tempo, strumenti e possibilità di imparare. Bisogna investire di più sugli aspetti investigativi e poi, questo è il mio cruccio da sempre, sulla meritocrazia. Che è una bella cosa, però bisogna anche interpretarla bene perché nelle forze di polizia, nell’Esercito e così via sono andati avanti i “culi di pietra”, quelli che stanno in ufficio e mandano gli altri avanti. È vero che quello che sta davanti rischia di più di fare errori, ma lo è anche che gli operativi di solito sono quelli che sanno fare meglio. Operatività e non staticità, insomma.

Che ci può dire della criminalità oggi?

Che ha perso quelle connotazioni, un po’ come i partiti se vogliamo fare i paragoni, che aveva un tempo. Non ci sono più le ideologie. Nella criminalità c’è una delinquenza diffusa, senza punte, senza criteri precisi.

E oggi opera anche sul web…

Sì e per contrastarla servono anche risorse economiche che, purtroppo, ancora non ci sono.

Che pensa del fenomeno migratorio e di possibili contatti con la criminalità locale?

La mafia non credo impieghi quei poveri ragazzi disperati, se non per qualche furtarello o lavoro di osservazione. Il vero problema è questo: sul territorio europeo arrivano delle masse enormi di gente senza preparazione, senza cognizione e c’è sempre qualcuno che poi può creare a sua volta un senso di rivolta nei confronti di quella struttura che si riteneva ti dovesse accogliere e che poi non ti accoglie. E allora sono casi isolati, ma il problema vero dell’immigrazione è il suo regolamento e la sua gestione in maniera coordinata tra il Paese ricevente e quello da cui parte il traffico di questa povera gente. Prendiamo ad esempio ciò che ha dato vita agli attacchi di Charlie Hebdo o del Bataclan e i vari attentati europei. La gente di seconda-terza generazione che si ribellava perché la prima generazione arriva e ringrazia di essere sul territorio che lo accoglie, poi piano piano si rende conto della propria realtà, si formano dei nuclei intorno a cui poi si crea la piccola realtà riproposta nel Paese di origine. È un problema socio politico europeo, non più di criminalità soltanto.

Lei è stato un grande carabiniere, quale ricorda come la cosa più bella del suo lavoro?

Aver costituito il Ros. Che nacque, pensi, da un contrasto interno. Io venivo dall’esperienza Dalla Chiesa e ritenevo che per il contrasto alla criminalità organizzata si dovesse applicare lo stesso metodo del contrasto al terrorismo.

Ha subìto il grande processo Stato-Mafia e altri procedimenti lunghissimi. Ha perso fiducia nella giustizia o ce lha ancora?

Ho sempre avuto fiducia nella giustizia quella vera, quella fatta dai giudici corretti.

Che cosa consiglierebbe a un giovane carabiniere in procinto di entrare nellArma?

Che se vuole veramente trovarsi bene deve specializzarsi.