Tratto dall'edizione numero 1 del 09/09/2022

Cotone bio 100%: «lo sporco lo mangiano i nostri batteri»

di Pascale Mattei

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Iafil ha brevettato una tecnologia che consente di riutilizzare all’infinito l’acqua di lavaggio.

Emissioni di CO2, acqua, microplastiche… La moda è riconosciuta come una delle industrie più inquinanti al mondo. Mentre la maggior parte dei gruppi del lusso sta affrontando il problema con decisione, gli attori a monte del settore, in particolare le filature, lavorano da anni in background per sviluppare soluzioni sostenibili e ridurre il loro impatto ambientale. Iafil, Industria Ambrosiana Filati, è una di queste. L’azienda milanese, nota a livello internazionale per la qualità dei suoi cotoni, ha brevettato all’inizio dell’anno Purowashing®, una tecnologia che consente di riutilizzare più volte l’acqua di lavaggio. «Lo usiamo da due anni per i nostri campioni e non abbiamo mai cambiato l’acqua, aggiungendo solo il 4% dovuto all’evaporazione», dice Elena Salvaneschi, responsabile marketing che gestisce l’azienda insieme al fratello Stefano.
Inventato da Sergio Sala, direttore della sostenibilità della filatura, questo sistema di lavaggio integrato si basa sull’utilizzo del Biofilter®, un filtro pieno di colonie di batteri che si nutrono di rifiuti tessili: fibre animali e vegetali, oli, ma anche le microplastiche contenute nelle fibre sintetiche e che troppo spesso finiscono negli oceani. Per queste, che sono un vero problema, Iafil utilizza un batterio (sakaiensis) che è stato scoperto nel 2016 da uno studioso giapponese in alcune discariche di plastica. Questo batterio metabolizza le microplastiche che si degradano in 12 mesi, mentre nella natura la tempistica è di sette-ottocento anni. Una volta filtrata, purificata e rigenerata, l’acqua può essere riutilizzata per un nuovo ciclo di lavaggio.