Sostenibilità

Planet Farm, insalata verticale ed economia circolare

Scritto il

di Dino Bondavalli

La loro ultima creatura è la prima Vertical Farm nata per il mondo dell’alta ristorazione. Inaugurata poche settimane fa al ristorante Da Vittorio, storico tre stelle Michelin della provincia di Bergamo, la fattoria verticale produrrà diversi tipi di basilico, baby-leaves e altre varietà specifiche per rispondere alle esigenze creative degli chef Cerea.

Ma per capire quale impatto sta avendo Planet Farms su un settore tradizionale come quello agricolo, che pure negli ultimi anni si era aperto alle nuove tecnologie, bisogna guardare al più grande impianto di Vertical Farming al mondo, che questa startup milanese ha inaugurato poco più di un anno fa a Cavenago di Brianza (Monza), lungo l’autostrada Milano-Venezia. È qui, infatti, che la rivoluzione ha preso il via con un progetto ai limiti della fantascienza, realizzando l’idea avveniristica di coltivare verdure in verticale, dentro un capannone con condizioni climatiche ideali per favorire la crescita di prodotti di alta qualità e senza uso di chimica.

Un progetto che per il settore alimentare potrebbe rappresentare ciò che Tesla ha rappresentato per il mondo dell’auto. L’azienda è in grado di produrre su una superficie di un ettaro quanto l’agricoltura tradizionale produce su 250-300 ettari. E il suo impianto di Cavenago, dove si parte dal seme per arrivare al prodotto confezionato, produce 30mila buste di insalata di alta gamma al giorno, raccolta e impacchettata in meno di 60 secondi e già oggi disponibili nella maggior parte dei supermercati.

Non solo. «I nostri stabilimenti sono sviluppati in ottica di economia circolare ed efficienza produttiva, e il loro connubio di tecnologia e automazione consente una notevole economia di risorse, in primis di acqua, con un risparmio superiore al -95%, e di suolo (in questo caso il risparmio è del 90%)», sottolinea Daniele Benatoff, che con Luca Travaglini ha fondato l’azienda.

«Basti pensare che per produrre un chilo di lattuga in pieno campo servono 200 litri di acqua, mentre nello stabilimento di Planet Farms bastano solo 1,5 litri. Peraltro, i nostri prodotti sono pronti al consumo e non devono essere lavati, perché sono coltivati in ambienti controllati e con un processo automatizzato, il che comporta un ulteriore risparmio d’acqua, anche da parte del consumatore finale».

Ma dove è nata l’idea? Lo spunto è arrivato dal Giappone, dove in seguito al disastro nucleare di Fukushima e al suo impatto su ambiente e falde acquifere si è sviluppato il fenomeno del Vertical Farming. Il modello nipponico, però, non era esportabile in un Paese come l’Italia, dove il consumatore è comunque abituato a prodotti di alta qualità a prezzi non necessariamente inabbordabili.

Quello sviluppato dalla startup meneghina è quindi un modello unico, esportabile in ogni angolo del pianeta. Il lattughino, la rucola, le foglie di senape, di quercia, di mizuna, di pack choi e di tatsoi vengono coltivate in vasche sistemate in verticale, in cui la terra è stata sostituita da substrati organici messi ad hoc per ogni singola varietà.

L’acqua e l’aria all’interno del capannone vengono filtrate in modo da essere depurate da tutti i patogeni che possono andare sulle culture, mentre lampade a led programmate per emulare in tutto e per tutto il ciclo del sole in una giornata di clima ideale garantiscono la fotosintesi.

«La nostra realtà produttiva accorcia la filiera: la produzione è vicina ai luoghi in cui il prodotto viene venduto e ciò riduce l’impatto ambientale dei trasporti», spiega Benatoff. «L’impennata dei costi energetici attuali ci ha spinto a trovare efficienze addizionali e affinare ulteriormente il modello, per cui entro il 2025 puntiamo a essere interamente approvvigionati da fonti sostenibili».

L’avventura di Planet Farm  non finisce qui. «Stiamo sviluppando coltivazioni le cui applicazioni vanno al di là del campo alimentare e si estendono al farmaceutico, alla cosmetica e alle fragranze, al tessile, al mondo del vino e dei distillati», annuncia il fondatore. Perché la rivoluzione, una volta avviata, è un processo che spesso diventa inarrestabile. E il limite è solo nell’immaginazione.

Prossimo obiettivo lo sbarco allestero

Due nuovi stabilimenti, uno lungo l’autostrada Milano-Como, l’altro nel Regno Unito. E un centro di ricerca e sviluppo nel cuore di Londra. Dopo aver conquistato i consumatori italiani e i grandi chef nazionali, Planet Farms si prepara a sbarcare all’estero.

E lo fa con l’obiettivo di portare le insalate di alta gamma prodotte in fattorie verticali anche in quei Paesi nei quali la disponibilità di verdure fresche di qualità durante tutto l’arco dell’anno rappresenta un’utopia o un lusso per pochi privilegiati.

Prima di sbarcare in Inghilterra i prodotti della startup milanese si confronteranno con i consumatori di un mercato più vicino, quello dell’Austria.

«Tra poche settimane entreremo anche nel mercato austriaco, dove saremo presenti con alcune delle nostre referenze presso i punti vendita Spar», annuncia Daniele Benatoff, co-fondatore dell’azienda. «È un primo step, ma speriamo di allargare la nostra presenza nel Paese, quanto a insegne della grande distribuzione organizzata e a referenze».